T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 16 gennaio 2009, n. 153: “L’edificio è nuovo se l’intervento cambia la sagoma”
Dall’analisi della recente pronuncia del T.A.R. Milano, 16 gennaio 2009, n. 153, emerge come in Lombardia sarebbe legittima la demolizione di un edificio e la sua ricostruzione con l’unico limite del rispetto della volumetria dell’edificio demolito.
L’articolo 27 della Legge Regionale Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, prevede: “nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica.” (Tale previsione è presente anche nel D.P.R. 380/2001 all’art. 3 comma I).
I principi espressi dalla Legge Regionale Lombardia richiamano l’art. 2 comma I del D.P.R. 380/2001, il quale prevede: “ Le Regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico”.
Il testo unico sull’edilizia ha previsto la distinzione degli interventi di ristrutturazione in due tipologie principali:
- le ristrutturazioni che non comportino demolizione e ricostruzione, per le quali sono ammesse anche modifiche di volumetria e di sagoma (intervento conservativo);
- le ristrutturazioni con demolizione e ricostruzione, soggette a vincolo del rispetto delle precedenti volumetrie e sagoma (intervento ricostruttivo).
Per quanto riguarda la tipologia b, il rispetto della sagoma è richiesto perché, vista l’eliminazione di tutti gli elementi materiali dell’edificio preesistente, la sagoma è il solo elemento fisico che permette di individuare il collegamento con l’edificio precedente l’abbattimento, che costituisce la ratio della qualificazione di un intervento come ristrutturazione edilizia. Inoltre l’ampliamento oltre i canoni massimi del volume e della sagoma comporterebbe il venir meno dei principi stabiliti sia dalla norma statale che da quella regionale, ovvero il recupero del patrimonio esistente mediante la liberalizzazione degli interventi sul patrimonio immobiliare, al fine di migliorare e ammodernare i fabbricati più vecchi. Opinione comune della giurisprudenza è che per la ristrutturazione edilizia, restano valide le norme urbanistiche vigenti al tempo della concessione del titolo edilizio, e quindi non sono applicabili vincoli imposti da strumenti urbanistici sopravvenuti.
Il giudice amministrativo sottolinea come, nel caso di specie, si verifichi un aumento del carico urbanistico, che contrasta con la ratio della disciplina tipica della ristrutturazione edilizia, ovvero quello di favorire l’attuazione di tutti quegli interventi migliorativi del patrimonio edilizio esistente che lascino inalterato il tessuto urbanistico ed architettonico preesistente.
Nel caso oggetto di decisione da parte del T.A.R., l’aumento del peso insediativo creato dall’immobile richiede la necessaria valutazione dei servizi da realizzare e dell’impatto sul tessuto urbanistico esistente, di competenza degli strumenti di pianificazione comunale.
Deve quindi ritenersi condivisibile anche la considerazione fatta dal T.A.R. Lombardia, Brescia, 13 maggio 2008, n. 504 secondo la quale: “Il concetto di ristrutturazione previa demolizione come intervento che rispetta sia il volume sia la sagoma dell’edificio preesistente è ben fermo e ripetuto di frequente in giurisprudenza, si che è poco credibile che il legislatore regionale, il quale intendesse abbandonarlo per proporre una innovazione, lo abbia fatto per implicito, senza palesare con termini espressi tale intervento”.