TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 20 aprile 2010, n. 2043
Pianificazione urbanistica e potere discrezionale dell’amministrazione.
Nelle scelte di pianificazione, la valutazione dell’idoneità delle singole aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, costituisce espressione del potere discrezionale dell’amministrazione (fra le più recenti: Consiglio Stato, sez. IV, 4 dicembre 2009, n. 7654): nell’esercizio di tale potere l’amministrazione non ha la necessità di dare una motivazione specifica sulle scelte adottate in ordine alla destinazione delle singole aree in quanto le stesse trovano giustificazione nei criteri generali di impostazione del piano (Consiglio di Stato, sez. IV, 24 aprile 2009, n. 2630; sez. V, 2 marzo 2009, n. 1149), con la conseguenza che tali scelte possono essere censurate soltanto in presenza di evidenti vizi logico-giuridici nel quadro delle linee portanti della pianificazione.
Pianificazione urbanistica e osservazioni dei cittadini.
Le osservazioni proposte dai cittadini nei confronti degli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono veri e propri rimedi giuridici ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, il loro rigetto o il loro accoglimento non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali dello strumento pianificatorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4024 cit.).
Pianificazione urbanistica e sindacato giurisdizionale.
Le scelte urbanistiche circa la disciplina del territorio possono formare oggetto di sindacato giurisdizionale nei soli casi di arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza ovvero di palese travisamento dei fatti, che costituiscono i limiti della discrezionalità amministrativa (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4024 cit.), con la conseguenza che, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è configurabile neppure il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa ad altre zone adiacenti (fra le tante: Consiglio di Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4024).
Pianificazione urbanistica e discrezionalità amministrativa.
La regola generale dell’ampia discrezionalità amministrativa nelle scelte di pianificazione urbanistica subisce un’eccezione in alcune situazioni specifiche in cui il principio della tutela dell’affidamento impone che il piano regolatore dia conto del modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state operate le scelte di pianificazione. Meritevoli di questa particolare forma di tutela sono peraltro solo quelle situazioni caratterizzate da un affidamento “qualificato” (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 aprile 2008, n. 1476). Tale posizione è stata riconosciuta: a) nel superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona di determinate aree; b) nella lesione dell’affidamento qualificato del privato derivante da convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, dalle aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia (oggi permesso di costruire) o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione; c) nella modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 22 dicembre 1999, n. 24, Consiglio di Stato, sez. III, 6 ottobre 2009, n. 1610; sez. V, 2 marzo 2009, n. 1149; sez. VI, 18 aprile 2007, n. 1784). Negli altri casi l’esistenza di una precedente diversa previsione urbanistica non comporta invece per l’amministrazione la necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle diverse scelte operate anche quando queste sono nettamente peggiorative per i proprietari (e per le loro aspettative), dovendosi (in tali altri casi) dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che le nuove scelte pianificatorie intendono perseguire.
Destinazione urbanistica difforme da quella previgente.
L’esistenza di fabbricati, anche di recente costruzione, non può essere considerata di ostacolo all’introduzione di destinazioni urbanistiche difformi da quelle previgenti sulle corrispondenti aree di sedime (T.A.R. Lombardia Brescia, 12 gennaio 2001 , n. 2; Consiglio di Stato, sez. IV, 2 novembre 1995, n. 887). In particolare, per quanto riguarda l’esistenza di immobili in zona agricola, nonostante la realizzazione di interventi edilizi sul suolo, la destinazione a verde agricolo può considerarsi pur sempre rispondente ad apprezzabili esigenze funzionali di sviluppo equilibrato e sostenibile dell’agglomerato, nonché di salvaguardia della vivibilità urbana (TAR Lombardia, Brescia, 20 ottobre 2005, n. 1043), della salubrità (Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2005, n. 1782; sez. IV, 20 settembre 2005, n. 4818 e n. 4828) e della qualità ambientale.
Destinazione a verde agricolo e finalità di contenimento dell’espansione dell’aggregato urbano.
La destinazione a verde agricolo di un’area, che rientra nell’ampia discrezionalità del comune di orientare gli insediamenti urbani in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell’assetto territoriale, può legittimamente anche essere preordinata ad un uso non strettamente agricolo, ma alla finalità di conservazione dei valori naturalistici ed ambientali e di contenimento del fenomeno di espansione dell’aggregato urbano (Consiglio di Stato, sez. IV, 25 luglio 2007, n. 4149; 3 novembre 2008, n. 5478), con una finalità che non è preclusa in radice dall’esecuzione di attività costruttive sull’area medesima, ma, anzi, concretizzabile nell’arresto di tali attività (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 17 settembre 2009, n. 4977).
Strumento urbanistico e procedimento di approvazione – Atto complesso ineguale.
Il procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico (o di una sua variante) costituisce un atto complesso ineguale in ragione del fatto che deve intendersi la risultante del concorso di diversi atti di volontà, quello di livello comunale, esponenziale e rappresentativo della collettività e degli interessi locali, e quello regionale (e provinciale), espressione di un più ampio potere di indirizzo e coordinamento in materia urbanistica. Ciò comporta che sul piano procedimentale, la dialettica che si instaura tra i diversi livelli di governo non ha una dimensione statica ed immutabile bensì presenta margini di variabilità in ragione della misura di convergenza delle valutazioni effettuate nei due diversi stadi decisori.
Strumento urbanistico e approvazione in “stralci” – Nuova disciplina urbanistica diretta a completare la pianificazione.
L’approvazione di uno strumento urbanistico in stralci lascia integro ed impregiudicato il potere del Comune di riproporre una nuova disciplina urbanistica diretta a completare la pianificazione relativamente alle aree oggetto di stralcio e l’autorità comunale resta libera nell’attività di completamento della disciplina urbanistica, costituendo la motivazione dello stralcio una “raccomandazione” in funzione del (rinnovato) esercizio della potestà pianificatoria da parte dell’Ente (Consiglio di Stato, Sezione IV, 29 ottobre 2002, n. 5912). Non assumendo poi la “raccomandazione” natura di atto autoritativo, vincolante, il Comune può recepire le indicazioni provenienti dall’autorità cui l’ordinamento riconosce il potere di approvare la strumentazione urbanistica, condividendo le considerazioni esposte da tale autorità, ovvero discostarsene motivatamente in sede di variante integrativa.