Il pubblico amministratore può legittimamente pretendere il rimborso delle spese sostenute, una volta individuato il nesso di causalità necessario tra l’adempimento del mandato e le spese di difesa sostenute
Nota a Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Puglia, 14 giugno 2012, n. 787
La pronuncia in esame offre l’occasione di affrontare la questione del rimborso delle spese di patrocinio legale sostenute da amministratori pubblici, in particolare consiglieri comunali, per la propria difesa in un giudizio inerente il mandato elettivo.
La Sezione opera necessariamente una disamina della normativa in materia di rimborso delle spese legali ai dipendenti degli enti locali, al fine di verificare l’estensione della stessa anche agli amministratori.
Vengono quindi ricordati gli orientamenti della Suprema Corte in materia: il primo che ammette un’applicazione estensiva della disciplina relativa ai dipendenti degli enti locali, con il riconoscimento della rimborsabilità delle spese legali sostenute in ragione del fatto che tale disciplina è principio di carattere generale e fondamentale dell’ordinamento amministrativo, estensibile agli amministratori; la seconda opzione ermeneutica ritiene non estensibile agli amministratori la disciplina prevista per i dipendenti degli enti locali, riconducendo in via analogica la fattispecie de qua alla disciplina del mandato; viene da ultimo segnalato un risalente orientamento che non ritiene pertinente il richiamo all’analogia per sostenere la rimborsabilità delle spese legali agli amministratori comunali, in quanto non si è in presenza di un vuoto normativo, con conseguente diretta applicazione della disciplina del mandato.
Il Collegio giudicante definisce un nuovo orizzonte interpretativo non aderendo, da una parte, a quella opzione ermeneutica tesa ad un’interpretazione estensiva della disciplina di cui all’art. 67 del D.P.R. n. 268/1987 agli amministratori locali e, dall’altra, aderendo alla tesi dell’applicabilità, con ricorso al procedimento analogico, dell’art. 1720 del codice civile nella parte in cui dispone che “il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico”.
D’altra parte, viene rilevato, escludere la fattispecie della rimborsabilità delle spese legali sostenute dagli amministratori dall’ambito di applicazione dell’art. 67 del D.P.R. n. 268/1987 nella sua interpretazione estensiva e, contestualmente, negare quel richiamo all’analogia legis per sostenere la rimborsabilità delle spese degli amministratori comunali, con conseguente inapplicabilità della disciplina del mandato, si tradurrebbe nel confinare nell’area del “giuridicamente irrilevante” la stessa con conseguenze, in taluni casi, palesemente in contrasto con quei principi di giustizia sostanziale che è dovere del Giudice ricercare per la disciplina del caso concreto, ove non sia intervenuto direttamente il legislatore.
Nell’auspicare un intervento integrativo del legislatore, la Corte dei Conti assimila l’operato degli amministratori locali ai mandatari e questa individuazione trova la sua ragion d’essere nel riconoscimento degli stessi quali funzionari onorari dell’ente, con conseguente applicazione del disposto di cui all’art. 1720 del codice civile, che consente proprio di rispondere a quell’esigenza di giustizia sostanziale a non dovere sostenere oneri per la propria difesa “a causa” del mandato amministrativo, ove gli stessi siano ingiustamente accusati di presunti fatti illeciti commessi a causa dell’incarico espletato.
Conclude la Sezione per la piena legittimità del rimborso delle spese legali strettamente connesse con il contenzioso penale accorso agli amministratori rinviati in giudizio, non prima di avere dimostrato l’assenza di dolo e/o colpa grave, la conclusione del procedimento penale con sentenza di non luogo a procedere, la riconosciuta possibilità all’amministrazione di potere rimborsare le spese legali anche senza il previo assenso della stessa nella scelta del legale di comune gradimento.