Domanda in sanatoria abusi edilizi: declaratoria dei consolidati principi giurisprudenziali
Nota a Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 31 ottobre 2012, n. 5553
La sentenza in esame viene in rilievo in quanto si premura di enunciare i principi giurisprudenziali consolidati, elaborati dal Consiglio di Stato, in materia di condono edilizio.
L’annosa vicenda riguarda l’impugnazione, da parte di un’azienda esercitante attività estrattiva di cava, di un’ordinanza di demolizione di alcune infrastrutture destinate a servizio e potenziamento dell’attività stessa, nonché delle delibere di adozione e di approvazione del P.R.G.
Con successivi ricorsi venivano altresì impugnati una nota di diffida alla riattivazione della coltivazione di cava di pietre e di qualsiasi altra attività estrattiva, il provvedimento di rigetto dell’istanza di condono edilizio ed il presupposto parere sfavorevole della commissione edilizia.
Il Consiglio di Stato coglie l’occasione per affermare che non intende cedere il campo dai consolidati principi elaborati sul punto, secondo i quali:
- allorquando viene presentata la domanda di sanatoria, diventano inefficaci i precedenti atti sanzionatori;
- conseguentemente, sul piano procedimentale, il comune è tenuto innanzi tutto a esaminare ed eventualmente a respingere la domanda di condono, effettuando, comunque, una nuova valutazione della situazione;
- dal punto di vista processuale la presentazione di istanza di condono comporta l’improcedibilità del ricorso per carenza di interesse avverso i provvedimenti repressivi sopra indicati.
Richiama inoltre il Collegio anche i seguenti principi:
- nel processo di impugnazione del diniego di concessione edilizia in sanatoria sono inammissibili le censure che contestino il carattere abusivo del manufatto, atteso che il procedimento per condono, ai sensi della l. n. 47 del 1985, è ad istanza di parte e richiede una dichiarazione sostitutiva d’atto notorio relativa alla descrizione e collocazione temporale dell’abuso che s’intende sanare, la quale assume carattere e natura di atto confessorio per ciò che concerne la realizzazione dell’abuso e la sua collocazione temporale;
- il diniego di sanatoria delle opere abusive per incompatibilità ambientale è notoriamente frutto di una valutazione tecnica ampiamente discrezionale, tipica manifestazione del potere autoritativo dell’amministrazione che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità, tranne le ipotesi di manifesta abnormità ovvero macroscopico travisamento dei fatti;
- sui rapporti tra provvedimento di sanatoria edilizia e parere dell’autorità preposta alla gestione del vincolo paesaggistico è stato chiarito che l’autorità preposta alla tutela del vincolo deve verificarne la sussistenza con riferimento al momento in cui valuta la domanda di sanatoria poiché oggetto del giudizio è l’attuale compatibilità dei manufatti realizzati abusivamente; tanto anche in relazione ad una domanda di concessione edilizia in sanatoria d’immobile costruito anteriormente all’imposizione del vincolo e, comunque, nell’ipotesi di intervento della determinazione vincolistica in un tempo successivo all’entrata in vigore della legge sul condono;
- il parere negativo espresso dall’autorità preposta alla tutela del vincolo ha valore dirimente impedendo il rilascio del provvedimento di condono.
Ribadito quanto sopra il Collegio ha respinto l’appello, confermando l’impugnata sentenza.