Nozione di “bosco” ai fini del vincolo paesaggistico: non è sufficiente la presenza di numerose piante ma deve trattarsi di un complesso ecosistema vivente
Commento a Consiglio di Stato, 29 marzo 2013, n. 1851
La pronuncia che in questa sede si commenta trae origine dall’impugnazione della sentenza di primo grado con la quale veniva respinto il ricorso avverso il parere negativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica a sanatoria ex art. 167 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
Sinteticamente la questione di fatto riguarda un’area di riqualificazione urbana nella quale insistevano, al fine di mitigare l’impatto di binari e spazi di stoccaggio dell’attività industriale preesistente, una serie di filari di piante piantumati appositamente al fine di creare una sorta di cortina di verde.
Tale piantagione è stata abbattuta in funzione della necessità di avere l’area in questione libera per l’edificazione; senonché il Corpo Forestale dello Stato ha disposto il sequestro preventivo dell’area sul presupposto che sarebbe stata necessaria l’autorizzazione regionale al taglio delle piante trattandosi di “bosco” ai sensi della Legge Regionale.
Inoltre il Comune competente ha subordinato il rilascio del permesso di costruire all’acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 167 del D. Lgs. 42/2004 ma, non trattandosi di attività edificatoria, la sanatoria non è possibile.
Si argomenta inoltre intorno alla nozione di “bosco”: infatti la sentenza impugnata ha rilevato che la densità arborea evidenziava la presenza di un vero e proprio bosco, secondo la definizione della Legge Regionale, con la conseguenza che non poteva essere rilasciata l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria incidendo il taglio in questione in maniera rilevante sul paesaggio e non potendo essere compensato dalle previste misure previste dall’art. 146, comma 4, del D. Lgs. 42/2004.
Il Consiglio di Stato, nel riformare la sentenza pronunciata in primo grado, ricorda che la mancanza del valore paesaggistico (presunto dall’art. 142, comma 1, lett. g), del D. Lgs. 42/2004) esclude che il terreno possa essere considerato tra quelli sottoposti a tutela paesaggistica ex lege.
Per affermare infatti che vi sia stata violazione dell’obbligo di autorizzazione paesaggistica è necessario previamente valutare se sussistono i presupposti per parlare di una tutela paesaggistica, o meglio, se si sia in presenza di un “bosco”.
Per riconoscere, ai fini dell’art. 142 del Codice, la presenza di un bosco occorre un “terreno di una certa estensione, coperto con una certa densità da “vegetazione forestale arborea” e da arbusti, sottobosco ed erbe”.
Inoltre, la coltura in questione, deve “costituire un sistema vivente complesso, di apparenza non artefatta, tendenzialmente permanente e capace di autorigenerarsi e di rinnovarsi”.
Nel caso esaminato il Supremo Consesso ha evidenziato che si è in presenza di una monocoltura artificiale, costituita in filari paralleli, non destinato alla produzione agricola, priva di strato arbustivo ed erbaceo e carente del requisito della “densità piena” nel senso sia di livello di copertura del suolo che di naturale capacità autorigenerante.