Abusi in area soggetta a vincolo paesaggistico, rimessa alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale della compatibilità dell’art. 167 del D. Lgs 42/2004 con il diritto comunitario
Nota a Ordinanza Tar Palermo, 10 aprile 2013, n. 802
Con il provvedimento in esame il Tar Sicilia si è rivolto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea perché si pronunci in ordine alla compatibilità ai principi comunitari dell’articolo 167, comma 4, lett. a) del D. Lgs. 42/2004, il quale esclude il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria per tutti gli interventi edilizi che comportino incrementi di superfici e di volumi, indipendentemente dal fatto che sia in concreto accertata la compatibilità di tali opere con i valori di tutela paesaggistica della specifica area considerata.
L’ordinanza è stata emessa nel corso di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione, da parte di un privato, dell’atto di diniego della sanatoria di abuso edilizio, da esso realizzato in area sottoposta a vincolo paesaggistico; il provvedimento negativo è stato assunto dal Comune sulla scorta del parere negativo della Soprintendenza motivato con esclusivo riferimento alla circostanza che “le opere di cui sopra non sono ammissibili all’accertamento della compatibilità paesaggistica di cui agli artt. 167 e 181 del D. Lgs 42/04 e s.m.i. in quanto opere che hanno costituito aumento del volume”.
Dopo una breve premessa in ordine alle diverse tutele a cui è soggetto un medesimo territorio, le quali comportano una pluralità di competenze amministrative in ragione della diversità dell’interesse pubblico alla cui cura ciascuna amministrazione è tenuta, viene altresì rilevato che tale pluralità di competenze comporta la necessità di ottenere più titoli per l’esecuzione della stessa opera (edilizi e paesaggistici).
Ma, mentre l’urbanistica inerisce l’ordinato ed armonico assetto degli sviluppi edilizi in ambito locale, nelle nozioni di “ambiente” e di “paesaggio” sono rinvenibili elementi che attengono alla salvaguardia di valori costituzionalmente tutelati, nel senso che è possibile limitare l’edificazione solo a seguito di un giudizio tecnico discrezionale che accerti l’assenza di pregiudizi per tale categoria di beni pubblici.
Nell’ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia, viene rilevato come “la giurisprudenza nazionale è pacifica nel ritenere che l’art. 167 del D. Lgs 42/2004 preclude l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria e, quindi, anche la sanatoria edilizia (che presuppone l’avvenuto rilascio del titolo paesaggistico), per abusi edilizi concretanti nuova superficie utile o nuovo volume realizzato, senza che sia necessario, ai fini dell’assentibilità, valutarne in concreto la compatibilità paesaggistica. Pertanto l’abuso edilizio in argomento, per sua natura, ai sensi di detta norma non è regolarizzabile con provvedimento di sanatoria”, a prescindere da ogni valutazione da parte dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico dell’effettiva incidenza negativa dell’immobile di cui si chiede la sanatoria rispetto ai valori paesaggistici tutelati.
Secondo il Tar siciliano, tale impostazione della normativa nazionale, che si traduce nella possibilità di sanzionare il privato autore dell’abuso, impedendogli di regolarizzare lo stesso ed intimandogli la demolizione del manufatto, a prescindere da ogni valutazione sulla effettiva lesività per il paesaggio dell’intervento realizzato “parrebbe configurare una ingiustificata – e sproporzionata – lesione del diritto di proprietà garantito dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: ove questa fosse interpretata nel senso che i sacrifici al diritto dominicale possono essere imposti solo a seguito di un accertamento della effettiva – e non solo astratta – esistenza di un interesse antagonista”.
E quanto sopra anche alla luce del fatto che la radicale sanzione della demolizione, a prescindere dall’accertamento in concreto di una effettiva lesione del bene “paesaggio” tutelato, contrasta altresì con la previsione che anche incrementi di superfici o volumi, quando non contrastino con il paesaggio circostante, possono accedere alla sanzione meno grave, quella pecuniaria.
Il mancato accertamento in concreto, e non già su base meramente presuntiva, della lesività degli interventi abusivi rispetto al bene-interesse “paesaggio”, “appare infatti sproporzionata rispetto ad una violazione che è sicuramente tale solo sul piano formale”.
Sarà interessante monitorare con attenzione la decisione che il giudice comunitario è stato chiamato a rendere in quanto, riguardando una disposizione tesa alla tutela di un valore inerente il territorio, potrebbe avere impatti significativi sia per quanto riguarda il contenuto dell’esercizio dei pubblici poteri in materia urbanistica e paesaggistica, che sul concreto bilanciamento tra esigenze pubbliche ed istanze dei privati.