La presunzione di demanialità “iuris tantum” è superabile attraverso prova contraria
Nota a Corte di Cassazione Civile, Sezione II, 31 maggio 2013, n. 13852
Nella vicenda in commento il legale rappresentante di una parrocchia, citava in giudizio il Comune per sentir dichiarare dal giudice adito l’intervenuta usucapione di un’area esterna alla chiesa, adibita a cortile e giardino, che la parrocchia stessa rappresentava di possedere uti dominus ininterrottamente da oltre vent’anni.
Le domande di primo e secondo grado venivano accolte; il Comune ha quindi proposto ricorso in Cassazione lamentando la natura intrinsecamente demaniale del bene, essendone, di conseguenza, preclusa l’usucapibilità.
Viene denunciata dal ricorrente violazione di legge laddove il giudice di merito avrebbe negato l’esistenza di una presunzione di demanialità del bene oggetto della controversia: la produzione in corso di causa dell’inventario dei beni del demanio comunale non sarebbe stata prova idonea a stabilire detta presunzione iuris tantum ex art. 22, all. F), Legge 22 marzo 1865.
Il Comune stesso, secondo il ricorrente, avrebbe in precedenza implicitamente affermato che il terreno in oggetto sarebbe stato parte integrante dell’ex convento, non essendo lo stesso mai stato incorporato stabilmente nel tessuto viario della città.
Il Supremo Consesso si pronuncia, quindi, circa i caratteri di demanialità del terreno controverso, ricordando che la presunzione relativa, di cui alla legge sopra citata, opera soltanto nel caso in cui l’ente pubblico interessato fornisca prova della vicinanza dell’area oggetto di contestazione ad una via o ad una piazza pubblica; circostanza che, nel caso di specie, non è riscontrabile.
Tale accertamento, ricorda inoltre la Corte, è riservato in via esclusiva al giudice di merito ed è “sindacabile in sede di legittimità solo per carenza, illogicità o contraddittorietà della motivazione”.
A ciò sia aggiunta la genericità della contestazione promossa dal Comune in sede d’appello.
Il ricorso viene dunque rigettato.