Controversie relative al pagamento del contributo per il rilascio delle concessioni edilizie: il termine di prescrizione è decennale trattandosi di diritto soggettivo e non di interesse legittimo
Commento a Tar Emilia Romagna, Bologna, 6 settembre 2013, n. 601
La pronuncia in esame riguarda il tema degli oneri per il rilascio titolo edilizio: le società ricorrenti, infatti, ritenendo non dovuto il pagamento degli oneri quantificati dall’Ente Locale, adivano il giudice amministrativo affinché accertasse il loro diritto alla ripetizione della somma versata.
Il Comune intimato, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito la tardività dell’azione proposta oltre che l’infondatezza della stessa.
Il giudice romagnolo ha respinto l’eccezione di tardività del resistente spiegando che i termini decadenziali propri dei giudizi impugnatori non si applicano alle controversie relative al pagamento del contributo per il rilascio delle concessioni edilizie.
In tali casi, il termine di prescrizione per incardinare il giudizio è quello decennale, trattandosi di diritti soggettivi relativi ad un rapporto obbligatorio pecuniario e non di interessi legittimi.
In particolare i giudici bolognesi, facendo propri gli orientamenti dominanti la più recente giurisprudenza amministrativa, hanno ritenuto utilizzabile in tali casi lo strumento processuale dell’azione di accertamento, con conseguente condanna alla restituzione degli importi dovuti in quanto indebitamente pagati.
Nella stessa sentenza il Tar emiliano ha poi affrontato un altro aspetto relativo al fondamento del contributo in questione, il quale non deve essere inteso quale titolo edilizio in sé, corrispondendo lo stesso “alla necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare su quanti beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime”.
In questo senso si comprende perché anche la modifica della destinazione d’uso del bene, quando si risolve in un maggior carico urbanistico, giustifica l’imposizione del pagamento, il quale è dovuto nella misura della differenza tra gli oneri di urbanizzazione connessi alla destinazione originaria e quelli (se più elevati) dovuti per la nuova destinazione d’uso.
Per lo stesso motivo, quando la modifica della destinazione d’uso non determina un incremento del carico urbanistico, come nel caso de quo, nessun onere è dovuto in quanto manca il fondamento causale dell’imposizione, con la conseguenza che l’importo versato dai ricorrenti va restituito.