Nota Cassazione n° 38005 depositata il 17 settembre 2013
La sentenza in commento ha ad oggetto la rilevanza ai fini urbanistici dell’uso di un immobile per una destinazione diversa da quella formalmente assentita.
Nel caso in esame infatti il ricorrente ha proposto ricorso avverso la sentenza con la quale era stato ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 44 lettera a, 94 e 95 del D.P.R. 380/2001 rispettivamente per aver effettuato il cambio di destinazione d’uso di un fabbricato originariamente destinato a “magazzino e locale tecnico”, in officina di elettrauto, in contrasto con le previsioni del piano regolatore vigente nel Comune dove era situato l’immobile (art. 44) e per aver iniziato una costruzione senza la preventiva autorizzazione dell’Ufficio del Genio civile (art.94 e 95).
Tra i motivi di censura della pronuncia il ricorrente rileva l’insussistenza del reato di cui all’art. 44 in quanto l’intervento de quo avrebbe riguardato un immobile “a destinazione libera” perché costruito in epoca anteriore sia alle norme che hanno introdotto l‘istituto della licenza edilizia che al PRG del Comune in questione; nonché l’illegittimità dell’ordine di demolizione ex art 98 comma 3 T.U. Edilizia.
In materia di reati edilizi norma essenziale è rappresentata dall’art. 44 del TU edilizia nella quale sono contemplate distinte ipotesi di reato. La prima è quella della costruzione abusiva cui è associato un doppio trattamento sanzionatorio a seconda che si versi nell’ipotesi della lettera a o della lettera b del comma 1. La seconda riguarda il reato di lottizzazione abusiva caratterizzato dalla sottrazione del territorio alla sua corretta funzione urbanistica.
L’interesse protetto deve individuarsi secondo l’opinione prevalente della Giurisprudenza non solo nella necessità di sottoporre l’attività edilizia al preventivo controllo della Pubblica Amministrazione ma, in special modo, in quello sostanziale alla protezione del territorio in conformità alla normativa urbanistica.
Lo strumento urbanistico è quindi l’atto con il quale vengono distinte e destinate le diverse aree e gli immobili in essa presenti, la cui funzione trova concreta attuazione nei vincoli imposti al titolo che abilita a costruire perché atto di destinazione specifica che vincola il titolare.
“La destinazione d’uso è un elemento che qualifica la connotazione dell’immobile e risponde agli scopi di interesse pubblico perseguiti dalla pianificazione”. Essa va vista come una categoria che identifica funzionalmente l’immobile nella gamma dei possibili usi dello stesso, inclusi tra quelli compatibili per singola zona urbanistica.
In particolare si distingue tra una destinazione d’uso urbanistico ed una destinazione d’uso edilizio, propria del singolo edificio e che riconduce al concetto di “uso compatibile”.
La verifica della destinazione d’uso pertanto garantisce un’effettiva conformità alla normativa sugli standard urbanistici che regola la differenziazione infrastrutturale del territorio.
Secondo Giurisprudenza la richiesta di cambio di destinazione d’uso di un fabbricato se comporta un uso difforme da quelli ammessi dagli strumenti urbanistici non sarà una semplice modificazione formale all’interno degli usi possibili del territorio previsti dal piano ma un’alterazione idonea ad incidere sugli equilibri e sulla destinazione funzionale prefissata.
Pertanto “il mutamento di destinazione d’uso in senso giuridicamente rilevante, è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, tenuto conto che nell’ambito delle stesse categorie urbanistiche, possono aversi mutamenti di fatto (mero mutamento d’uso) ma non diversi “regimi urbanistici”, in quanto ogni singola zona urbanistica ricomprende al proprio interno diversi e compatibili usi degli immobili”.
Mutamento di destinazione d’uso che viene rilevato tenendo in considerazione la destinazione indicata nell’ultima licenza, la tipologia d’immobile e le attitudini funzionali del bene.
Nel caso specifico la Corte sulla scorta del principio tempus regit actum nell’individduare la normativa da applicarsi all’intervento modificativo ha accertato che il mutamento di destinazione è intervenuto in epoca successiva alla normativa che prevede per l’intervento in questione il preventivo rilascio del permesso di costruire ed in spregio delle norme del piano urbanistico.
Per quanto concerne invece l’illegittimità dell’ordine di demolizione della tettoia per violazione della normativa antisismica sostenuta dal ricorrente i Giudici, in accoglimento dell’eccezione avanzata, conformemente alla Giurisprudenza in materia, hanno ritenuto che il potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione dell’immobile in caso di condanna per i reati previsti dalla relativa normativa previsto dall’art. 98, comma 3, d.P.R. 380, sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per l’inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni formali (Cass. 37322/2007 e Cass. 40985/2006).