Sulla discrezionalità della Pubblica Amministrazione in materia di pianificazione, nessun obbligo di motivazione più incisiva a fronte di una generica aspettativa alla non modificazione in pejus della classificazione urbanistica
Commento a Tar Milano, Sezione II, 18 settembre 2013, n. 2173
La società proprietaria di un’area destinata in base al precedente piano urbanistico a zona residenziale, impugnava avanti il Tribunale Amministrativo Regionale gli atti con i quali il Comune resistente ha adottato, ed in seguito approvato, il Piano di Governo del Territorio, nel quale l’area in questione è stata inserita in un ambito prevalentemente a destinazione agricola ed attività complementari.
Sostiene la ricorrente, nell’osservazione ritualmente presentata all’Ente, che l’effettivo stato dell’area, quasi compiutamente edificata ed organizzata, contrasti con la prevista destinazione, la quale dovrebbe essere pertanto stralciata con il ripristino della precedente destinazione, anche alla luce della considerazione che trattasi di “lotto intercluso”.
L’amministrazione pianificatrice, in sede di controdeduzioni, ha respinto l’osservazione rilevando che il suo accoglimento comporterebbe una radicale modificazione dei criteri generali di impostazione del PGT e che una successiva variante al piano potrà eventualmente riconsiderare la qualificazione urbanistica delle aree de quibus.
Il Collegio, nel respingere l’unico motivo di doglianza, ribadisce quanto sostenuto da costante giurisprudenza in tema di formazione del piano urbanistico e cioè che le scelte che compie l’amministrazione sono espressione dell’ampia discrezionalità tecnica attribuita alla stessa in materia, da cui discende la sindacabilità delle decisioni solo ove queste siano il risultato di manifesta illogicità, arbitrarietà ed evidente travisamento dei fatti (ex multis Consiglio di Stato, 6656/2012).
Sono del tutto assenti, nel caso di specie, le ipotesi che sono state ravvisate dalla giurisprudenza affinché sia rinvenibile, in capo alla Pubblica Amministrazione, un obbligo di motivazione più incisivo delle scelte discrezionali riferibili alla destinazione delle singole aree.
La società ricorrente, infatti, vanta una semplice e generica aspettativa alla modificazione in melius della precedente classificazione urbanistica, al fine di conseguire, nella sua prospettiva, un utilizzo più proficuo dell’area.
Inoltre è pacificamente accolto dalla giurisprudenza il principio secondo cui non si può ritenere che sussista un obbligo rafforzato di motivazione, solo ed unicamente basato sulla presentazione di osservazioni al piano da parte di privati, atteso che queste ultime sono considerate semplici apporti collaborativi offerti dalla cittadinanza alla redazione e formazione del piano urbanistico, con la conseguenza che il loro rigetto non richiede una specifica motivazione, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le linee generali del piano.