Sulla puntuale motivazione delle scelte urbanistiche esclusivamente ove incidano su zone territorialmente circoscritte
Commento a Consiglio di Stato, 08 ottobre 2013, n. 4927
Si ritorna sull’argomento “discrezionalità della Pubblica Amministrazione in sede di pianificazione urbanistica” con la pronuncia in commento, che vede appellato il rigetto del ricorso di primo grado per non avere, il Tar regionale, accolto i motivi di censura in ordine alla mutazione di destinazione urbanistica operata con una variante generale al vigente P.R.G.
Gli appellanti, infatti, proprietari dei terreni interessati dalla variante, lamentavano il vizio di eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà con precedenti determinazioni, e carenza di motivazione, deducendo che la variante de quo avesse mutato la destinazione della zona da produttivo-artigianale ad agricola in palese contrasto con le previsioni generali e con le localizzazioni degli insediamenti produttivi indicate nel P.R.G., nonché con un recente orientamento della stessa amministrazione la quale aveva avviato un procedimento volto a mutare la destinazione da artigianale a residenziale.
La sentenza impugnata, nel respingere il ricorso, ha affermato che il mutamento di destinazione urbanistica non contrasta affatto con precedenti determinazioni del Comune, posto che sin da decenni tale era la destinazione delle aree in questione; che la localizzazione degli insediamenti produttivi “costituisce una scelta di politica urbanistica non sindacabile dai privati, né dal giudice in sede di giurisdizione di legittimità”; inoltre, il fatto che la parte ricorrente avesse avanzato pretese in merito ad una mutazione di destinazione dell’area non fa sorgere in capo alla stessa alcuna legittima aspettativa; che non era necessaria alcuna specifica motivazione in ordine alla modificazione posta in essere dall’amministrazione posto che il terreno era già agricolo.
Le doglianze esibite da parte appellante sono principalmente fondate su profili inerenti il difetto e/o l’insufficiente motivazione in ordine alle ragioni che hanno condotto l’amministrazione alla “restituzione” alla destinazione agricola dei terreni di proprietà, nonché per aver ingenerato nella parte istante un legittimo affidamento relativamente ad una diversa e più conveniente destinazione.
Anche il Giudice dell’impugnazione respinge il ricorso richiamando, nuovamente, l’ormai granitica e costante giurisprudenza la quale ritiene che, in sede di pianificazione urbanistica, il Comune sia titolare di un ampio potere discrezionale sulla possibilità di imprimere al proprio territorio “destinazioni coerenti con l’attuazione dei principi costituzionali, cui è riconducibile detta materia”; che tale potere di pianificazione non sia limitato solo alla disciplina inerente l’edificazione dei suoli, ma debba “essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica (…) che realizzi anche finalità economico-sociali della comunità locale (…) nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati”; che, come ogni potere discrezionale, la pubblica amministrazione debba dare conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che intende perseguire con lo strumento di pianificazione e “della coerenza delle scelte in concreto effettuate con detti obiettivi e con gli interessi pubblici agli stessi immanenti”; infine, in ordine all’onere di motivazione delle scelte effettuate, ribadisce il Collegio che le scelte urbanistiche “richiedono una puntuale motivazione esclusivamente ove incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative” in conseguenza di pronunce giurisdizionali passate in giudicato, di accordi con l’ente locale ed in particolare di convenzioni di lottizzazione divenute operative.