Distanze tra le costruzioni, va disapplicato il regolamento comunale in contrasto con il D.M. 1444/1968
Commento a Consiglio di Stato, Sezione Quarta, 26 novembre 2013, n. 5633
Ci si occupa nuovamente sulla questione relativa alle distanze tra le costruzioni e, in particolare, sul modo in cui risolvere il contrasto tra la normativa nazionale e le disposizioni regolamentari locali previste dai Comuni in materia di distanze.
Nella materia delle distanze tra le costruzioni, la normativa nazionale impone che vengano rispettati precisi limiti di distanza.
In particolare, l’art. 9 del Decreto Ministeriale n. 1444 del 02.04.1968 individua le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee, e stabilisce che per i nuovi edifici ricadenti in zone diverse dalla zona A, è prescritta «in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti».
Tale disposizione, pur se contenuta in un Decreto Ministeriale, ha natura di norma primaria, atteso che trova la sua fonte nell’art. 41 quinquies della Legge n. 1150 del 1942 (Legge Urbanistica Nazionale), il quale, dopo aver previsto che nei Comuni debbono essere osservati “limiti inderogabili” di distanza tra i fabbricati, dispone che tali limiti debbano essere stabiliti con decreto del Ministero per i lavori pubblici di concerto con quello per l’interno, sentito il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
La decisione in commento – che affronta nello specifico il problema della “derogabilità” delle distanze poste dall’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 – ricorda che la prescrizione in commento è posta a tutela e salvaguardia di esigenze igienico sanitarie e, per tale ragione, è tassativa ed inderogabile e non può costituire esenzione dall’obbligo del rispetto della distanza dei dieci metri la normativa di tipo derogatorio recata dalla NTA del Comune, dovendosi ancora una volta sottolineare come, stante il carattere tassativo ed inderogabile del limite di distanza , non è ammessa deroga alla disposizioni recate dal D.M. n. 1444/68 e, conseguentemente “ogni previsione regolamentare in contrasto con l’anzidetto limite va disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale della fonte normativa sovraordinata costituita appunto dall’art. 9 del D.M. citato”.