La qualifica di imprenditore agricolo ai fini del rilascio del titolo edificatorio in zona agricola
Nota a Consiglo di Stato, Sent. Nr. 6069 depositata in data 18/12/2013
La vertenza in commento ha ad oggetto il provvedimento inibitorio con il quale l’Autorità comunale ha negato il rilascio di permesso di costruire in variante.
Nello specifico l’appellante è proprietario di un terreno sul quale sorge un manufatto già adibito ad uso agricolo, in relazione al quale aveva ottenuto in data 25 maggio 2004 un permesso di costruire per l’edificazione di “annessi agricoli”.
Nel mese di ottobre del 2004, quest’ultimo aveva formulato una richiesta di variazione della predetta concessione edilizia, sulla quale il Comune aveva provveduto con ordinanza a negare tale permesso in variante ravvisando negli interventi progettati delle incompatibilità di natura “essenziale” con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri degli artt. 32, comma 1, lettere b) e c) del d.P.R.380/2001, 8, lettere c) ed e), della L.R. del Lazio, 36/1987, nonché l’art. 55, comma 7, L.R. 38/1999, come riformato dalla L.R. 8/2003.
Secondo tal ultima disposizione in materia di edificazione agricola gli annessi agricoli possono essere realizzati solamente su lotti aventi una superficie minima determinata ed entro determinati limiti dimensionali, prevedendo delle deroghe a tali criteri solamente per gli imprenditori agricoli che presentino un piano di utilizzazione aziendale approvato dal Comune.
Il TAR, dal momento che l’intervento si sarebbe dovuto realizzare su un lotto di superficie inferiore al minimo previsto, e non essendo l’allora ricorrente un imprenditore agricolo, non ha ravvisato gli estremi per annullare il provvedimento inibitorio del Comune.
Con il ricorso in appello l’istante ritiene irragionevole la richiesta della qualifica di imprenditore agricolo ai fini di acconsentire l’intervento di cui agli atti.
I Giudici del Consiglio di Stato invece, uniformandosi alla pronuncia del TAR hanno ritenuto che, appurata l’applicabilità al caso specifico dell’art. 55, coma 6 che richiede appunto che il lotto abbia una superficie minima per poter autorizzare l’intervento, trova conseguentemente applicazione il comma 10, a mente del quale è possibile derogare alla predetta superficie minima, previa presentazione di un piano di utilizzazione agricola da parte dell’imprenditore agricolo (art. 57 L.R. 38/1999).
Secondo i Giudici una difforme interpretazione del dettato normativo sarebbe contraria ai canoni di ragionevolezza ed all’interesse pubblico allo sviluppo dell’attività fondiaria in quanto, la necessità della suddetta qualifica nella fattispecie in esame “discende non già dall’oggetto dell’intervento edilizio richiesto, bensì dalla necessità di derogare dal lotto minimo, e quindi di fare applicazione del comma 10 del citato art. 55”.
Inoltre, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, l’originario Piano di utilizzazione agricola presentato dall’interessato unitamente al titolo abilitativo, non sarebbe stato da solo sufficiente a legittimare gli interventi in questione in assenza di un successivo permesso a costruire nuovo ed autonomo rispetto al primo.
Secondo Giurisprudenza costante sono qualificabili come “essenziali” le variazioni al preesistente manufatto in quanto modificative della sagoma, dell’altezza, del volume e della superficie dell’edificio, e come tali necessitano del cd. “permesso in variante”, complementare ed accessorio rispetto all’originario permesso a costruire.
Per tali ragioni, i Giudici hanno concluso che le opere richieste nel caso di specie, rientrassero nel novero delle varianti essenziali poiché modificative della superficie e dell’ubicazione del manufatto.