Illeciti edilizi ed ambientali: il decorso del tempo quale causa di estinzione per prescrizione
La prescrizione esprime (secondo la Corte Costituzionale 23 novembre 2006, n. 393) l’interesse generale di non più perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato, l’allarme della coscienza comune.
Il decorso del tempo non si limita ad estinguere l’azione penale ma elimina la punibilità in sé e per sé, nel senso che costituisce una causa di rinuncia totale dello Stato alla potestà punitiva (Cassazione Penale, Sezione I, 8 maggio 1998, n. 7442).
La tematica della prescrizione dei reati edilizi si lega alla questione relativa all’inclusione degli stessi nel novero dei c.d. reati permanenti.
In assenza di una specifica definizione legislativa, l’individuazione dei caratteri propri di tale categoria di reati è stata operata a livello dottrinale e giurisprudenziale prendendo le mosse dall’unico appiglio normativo, costituito dall’art. 158 c.p. sulla “Decorrenza della prescrizione”: tale norma stabilisce che per il reato permanente o continuato la prescrizione decorre “dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione”.
In prima approssimazione, si può affermare che il tratto caratterizzante del reato permanente è costituito dal fatto che l’evento lesivo e la sua consumazione perdurano per un certo periodo di tempo: l’offesa al bene giuridico tutelato si protrae nel tempo per effetto di una condotta persistente e volontaria del soggetto agente.
Mentre quindi il reato istantaneo si consuma con unico atto in un preciso momento temporale, il reato permanente è caratterizzato da un’ininterrotta attività dell’agente (Cassazione Penale 47630/2008), di modo che la condotta e l’evento si presentano come un complesso unitario, sostenuto dalla volontà di protrarre nel tempo la violazione.
La consumazione del reato permanente coincide conseguentemente con la cessazione della permanenza stessa, e ciò costituisce la distinzione principale rispetto al reato istantaneo. L’individuazione del momento di consumazione del reato assume grande rilevanza nell’ambito dei reati in materia urbanistica ed edilizia poiché essa ha ricadute sull’individuazione del momento in cui inizia a decorrere il termine prescrizionale.
La giurisprudenza unanime include gli illeciti in parola nel novero dei reati permanenti; si legge infatti in Cassazione Sezioni Unite Penali (12878/2003) che “i reati edilizi hanno natura permanente e la relativa consumazione perdura fino alla cessazione dell’attività abusiva”.
Si aggiunga che secondo quanto stabilito dalla Legge 5 dicembre 2005 n. 251 (c.d. ex Cirielli), il criterio di calcolo del termine di prescrizione àncora il tempo di maturazione della stessa al massimo della pena edittale stabilita dalla legge, con il correttivo costituito dalla fissazione di un minimo di sei anni se si tratta di delitto e di quattro anni per le contravvenzioni.
Più in particolare, per quanto attiene specificamente all’illecito penale in materia edilizia, si è detto che lo stesso ha natura di reato permanente la cui consumazione ha inizio con l’avvio dei lavori di costruzione e perdura fino alla cessazione dell’attività edificatoria abusiva (SS.UU. Penali n. 17178/2002); si è poi precisato (Cassazione Penale, Sezione III, 38136/2001) che la cessazione dell’attività si ha con l’ultimazione dei lavori per il completamento dell’opera, con la sospensione volontaria dei lavori o imposta (es. sequestro penale), con la sentenza di primo grado, se i lavori continuano dopo l’accertamento del reato e sino alla data del giudizio.
Nel caso concreto, che ha occupato l’attività difensiva in sede penale dello studio legale e dal quale è originata la presente analisi, venivano contestati all’assistito, i reati di cui agli artt. 142 e 181 del D. Lgs. 42/2004 e art. 44, lett. c) del D.P.R. 380/2001, per avere realizzato opere edilizie in difformità, rispettivamente, dell’autorizzazione paesaggistica e del permesso di costruire.
Secondo quanto previsto dall’art. 181, comma 1-bis, del D. Lgs. 42/2004, la pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui all’art. 44, lettera c, del DPR 380/2001, ricadano su aree soggette a vincolo paesistico-ambientale.
I fatti in questione venivano commessi fino al 9/11/2005, data dalla quale inizia a decorrere il termine prescrizionale.
Pertanto, considerato che i fatti sono stati commessi anteriormente all’entrata in vigore della sopra citata ex Legge Cirielli, agli stessi si deve applicare l’art. 157 c.p. ante novellam il quale prevede l’estinzione del reato per prescrizione nel termine di “cinque anni, se si tratta di delitto per cui la legge stabilisce la pena della reclusione inferiore a cinque anni”; il reato si è, pertanto, estinto il 9/11/2010.
Alla luce di quanto sopra, la Corte d’Appello, con sentenza del mese di novembre u.s., in accoglimento delle richieste del Procuratore Generale ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato ascrittogli per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione; infatti, ai sensi degli artt. 157 e segg. del Codice Penale, l’estinzione del reato va dichiarata “in ogni stato e grado del procedimento senza necessità di svolgere attività processuali”.