La silente amministrazione inadempiente: è illegittimo il silenzio serbato dal Comune e la sua perdurante inerzia
Impugnato ancora una volta il comportamento inerte di un’Amministrazione Comunale, la quale non si attiva a seguito di istanza depositata dall’assistito dello studio legale, che formulava espressa istanza al Comune affinché questo avviasse il procedimento amministrativo finalizzato alla puntuale individuazione “degli ambiti sui quali dovranno essere conferiti i diritti edificatori” di cui è titolare.
L’Amministrazione intimata è rimasta assolutamente inerte, legittimando in tal modo il ricorrente a proporre impugnativa avverso il silenzio così come previsto dall’art. 31 del L. Lgs. 104/2010 (Codice del Processo Amministrativo).
Deve evidenziarsi che gli elementi tradizionalmente ritenuti necessari per la formazione del silenzio inadempimento sono l’esistenza di un obbligo di provvedere per l’Amministrazione, un’istanza proposta dall’interessato e la perdurante inerzia dell’Amministrazione successivamente al decorso dei termini.
Quanto all’obbligo di provvedere, va in primo luogo tenuto presente il disposto dell’articolo 2 della legge n. 241/1990, secondo il quale la P.A. deve concludere il procedimento con provvedimento espresso; tale obbligo sussiste nei casi di procedimento ad iniziativa privata tipizzata (“ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza”) e di procedimento ad iniziativa di ufficio (quando esso “debba essere iniziato di ufficio”).
Va, poi, evidenziato che l’originario orientamento restrittivo della giurisprudenza, in base al quale il silenzio può formarsi solo ove un obbligo giuridico di provvedere derivi da una norma di legge, da un regolamento o da un atto amministrativo, è stato sottoposto a rivisitazione critica da parte di pronunce più recenti, le quali hanno affermato che tale obbligo non deve necessariamente derivare da una disposizione puntuale e specifica, ma può desumersi anche da prescrizioni di carattere generico e dai principi generali regolatori dell’azione amministrativa, sicché esso può originare dal rispetto del principio di imparzialità.
Può, ancora, trovare fondamento nel principio di buon andamento dell’azione amministrativa, nel caso in cui l’Amministrazione, con il suo comportamento, abbia ingenerato un qualche affidamento in capo al privato; un’ulteriore fonte dell’obbligo di provvedere è stata, infine, individuata nel principio di legalità dell’azione amministrativa.
In conclusione, può affermarsi che oggi, a prescindere dall’esistenza di uno specifica disposizione normativa impositiva dell’obbligo, la giurisprudenza ritiene il medesimo sussistente in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia e di equità impongano l’adozione di un provvedimento; quindi, tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni.
Nella fattispecie concreta il Comune intimato, avendo omesso di dare avvio al procedimento oggetto dell’istanza, non ha evidentemente adottato alcun provvedimento al riguardo, è ciò in palese violazione della previsione di cui alla menzionata disposizione legislativa.
È utile altresì rilevare come la tendenziale qualificazione del silenzio serbato dalla Pubblica Amministrazione in termini di disvalore è uno dei capisaldi della Legge n. 241/90, il cui art. 2 sancisce appunto l’obbligo di provvedere, consacrato quale principio di civiltà giuridica