L’atto che segue è un ricorso appello promosso innanzi il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, volto all’ottenimento della totale riforma della sentenza emessa dal tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, presso la Corte di Appello di Milano, avente ad oggetto la sdemanializzazione di un’area classificata come demaniale, benché da tempo adibita ad uso esclusivo e sottratta pertanto alla collettiva fruizione.
Si tratta, in particolare, di un’attività turistico-ricettiva di campeggio che usufruisce da tempo di un’area affacciata sul lago la quale ha perso, pertanto, il carattere della demanialità per intervenuta prescrizione acquisitiva.
Inoltre, il livello dello zero idrometrico fissato con Disciplinare di Concessione, non corrisponde più alla situazione reale, risultando l’area in oggetto più ristretta rispetto all’originario limite demaniale e al di sopra del limite demaniale.
In primo luogo viene censurata l’erronea valutazione del giudice di primo grado in merito ai presupposti della legittimazione attiva del ricorrente, in quanto viene ritenuta applicabile la normativa sulle locazioni laddove pacificamente la giurisprudenza ritiene incompatibile tale disciplina con il godimento di beni demaniali.
Il Tribunale Regionale ha, inoltre, errato nel non ritenere ammissibile l’istanza di ammissione di consulenza tecnica d’ufficio finalizzata all’accertamento della quota effettiva dello zero idrometrico, laddove lo stesso TRAP si era già pronunciato in altra vertenza sull’ammissibilità della consulenza tecnica, ritenendola rilevante ai fini dell’esatta determinazione della quota dell’alveo lacuale.
Ulteriore censura riguarda l’erronea valutazione del concetto di piena ordinaria: il giudice di prime cure, infatti, include le piene rovinose e le esondazioni nella determinazione della piena ordinaria, laddove queste sono escluse per riconosciuto principio presente non solo nella normativa sul demanio idrico, ma altresì dalla consolidata giurisprudenza.
Viene infine rilevato come il primo giudice erri nella valutazione del concetto di pertinenza e non sorregga le proprie argomentazioni da puntuale, adeguata e pertinente motivazione, ritenendo che l’area in questione non possa essere sclassificata in quanto oggetto di interventi antropici dell’uomo ed assolta ad un interesse pubblico.
Infatti, il rapporto pertinenziale del bene demaniale permane fino al momento in cui la p.a. manifesti la sua volontà di sottrarre la pertinenza alla sua funzione; la Suprema Corte, infine, in merito all’intervento antropico dell’uomo su area demaniale, pone l’attenzione sulle disposizioni degli artt. 3 e 4 della L. n. 37 del 1994, sostitutive degli artt. 946 e 947 c.c., le quali escludono la sdemanializzazione dei terreni a seguito di fatti artificiali indotti dall’attività antropica, che sono prive di efficacia retroattiva.
Dott.ssa Loretta Davanzo