L’amministrazione rigetta la domanda di sanatoria, senza tuttavia ingiungere la demolizione: non sussiste il requisito del periculum in mora
La vicenda che qui brevemente si riassume origina quando, quasi un ventennio addietro, gli attuali clienti dello studio depositano presso il Comune una D.I.A. per opere di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, con lo scopo di attuare una diversa distribuzione funzionale degli spazi nell’immobile di loro proprietà.
Su tale fabbricato venivano realizzati, oltre all’attività edilizia autorizzata, anche interventi edilizi in riferimento ai quali, veniva formulata rituale domanda volta ad ottenere permesso in sanatoria in quanto gli stessi erano stati edificati in parziale difformità del predetto titolo.
Dopo un’iniziale richiesta di produzione di documentazione integrativa, nonché di pagamento del saldo a titolo di oblazione e di oneri concessori, l’Ente locale notificava ai proprietari dapprima preavviso di diniego, seguito dal diniego definitivo, ritenendo che i lavori non fossero suscettibili di sanatoria in quanto non ultimati entro il termine previsto dalla normativa sul condono edilizio.
Seguivano una serie di atti e provvedimenti dell’Amministrazione tutti fondati sull’erronea considerazione che gli interventi edilizi in questione fossero stati realizzati in assenza di titolo, anziché parzialmente difformi dallo stesso, con la conseguente applicazione della sanzione demolitoria di cui all’art. 31 del D.P.R. 380/2001 in luogo di quella pecuniaria prevista dall’art. 34 del Testo Unico per l’Edilizia.
Sono stati pertanto impugnati con ricorso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale dapprima la delibera con la quale viene individuata l’area da acquisire al patrimonio comunale, in seguito (con primi motivi aggiunti) l’ordinanza di demolizione delle opere abusive e di ripristino dello stato dei luoghi e (con secondi motivi aggiunti) il provvedimento di diniego al rilascio del permesso di costruire in sanatoria, nonché il provvedimento di accertamento dell’inosservanza all’ingiunzione di demolizione e rimessa in pristino.
Il Collegio adito non ha accolto l’istanza cautelare dedotta nei primi motivi aggiunti, in quanto le opere realizzate sarebbero da qualificarsi quali “nuova edificazione” per le quali è richiesto il permesso di costruire, reputando purtuttavia applicabile il più favorevole regime sanzionatorio di cui all’art. 34, comma 2, del D.P.R. 380/2001.
Con i secondi motivi aggiunti viene dedotta l’illegittimità del diniego al rilascio del permesso di costruire in sanatoria in quanto l’Ente locale resistente ritiene che le domande di accertamento di conformità possono essere considerate tempestive se presentate prima della irrogazione delle sanzioni amministrative; dopo avere puntualmente rilevato che, secondo il disposto dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001, il temine finale per la presentazione dell’istanza di sanatoria è diverso a seconda della tipologia di opere di cui si chiede l’accertamento, viene altresì puntualizzato che, per consolidata giurisprudenza, la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità in un momento successivo all’adozione dell’ordinanza di demolizione, ha automatico effetto caducante sull’ordine demolitorio, rendendolo sì inefficace.
Viene altresì dedotta istanza cautelare di sospensione dei provvedimenti impugnati, che viene respinta ritenendo non sussistente il fondamentale requisito del periculum in mora, ovvero il pericolo di un danno grave ed irreparabile derivante dalla rimozione delle opere in questione con evidente pregiudizio della parte eseguita in conformità.
Il Collegio ha ritenuto che il ricorso sia privo del requisito essenziale del periculum in quanto il Comune ha sì rigettato la domanda di sanatoria, senza tuttavia “ingiungere nuovamente la demolizione” potendosi leggere tale affermazione nel senso che la precedente ordinanza di demolizione (impugnata con i primi motivi aggiunti) ha perso la sua efficacia.