L’estinzione per intervenuta prescrizione degli illeciti edilizi ed ambientali
Nella fattispecie che in questa sede si commenta veniva impugnata, avanti alla Corte d’Appello di Milano, la sentenza pronunciata dal giudice di prime cure con la quale un assistito dello studio legale veniva condannato per il reato di cui agli artt. 142 e 181 del D. Lgs. 42/2004 e 44 lett. C) del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Trattasi delle sanzioni penali previste in caso di interventi edilizi realizzati in mancanza o in difformità del permesso di costruire in zone sottoposte a vincolo paesistico-ambientale, la cui norma prevede l’applicazione dell’arresto fino a due anni e dell’ammenda da 15.493 a 51.645 euro.
Deve preliminarmente evidenziarsi che la giurisprudenza è unanime nell’includere gli illeciti edilizi nel novero dei reati permanenti; si legge infatti in Cassazione Sezioni Unite Penali (12878/2003) che “i reati edilizi hanno natura permanente e la relativa consumazione perdura fino alla cessazione dell’attività abusiva”.
Nel caso in esame la cessazione dell’illecito è da far risalire al 5/9/2005, data in cui, a seguito di sopralluogo da parte della Polizia Locale, veniva notificato al trasgressore ordinanza di sospensione dei lavori, puntualmente ottemperata con la l’effettiva interruzione delle opere.
In punto di cessazione della permanenza del reato edilizio, infatti, la giurisprudenza di legittimità (Cassazione Penale, Sezione III, 3 luglio 2007, n. 33825) ha precisato che tale momento “va individuato o nella sospensione dei lavori, sia essa volontaria o forzosa, o nell’ultimazione dei lavori per il completamento dell’opera o, infine, nella sentenza di condanna di primo grado ove i lavori siano proseguiti dopo l’accertamento e sino alla data del giudizio”.
Da tale data, pertanto, inizia a decorrere la prescrizione così come previsto dall’art. 158 c.p. il quale stabilisce che per il reato permanente o continuato la prescrizione decorre “dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione”.
La consumazione del reato permanente coincide quindi con la cessazione della permanenza stessa e ciò assume rilevanza, nell’ambito dei reati in materia urbanistica ed edilizia, poiché essa ha ricadute sull’individuazione del momento in cui inizia a decorrere il termine prescrizionale.
Sul punto l’art. 157 c.p. (versione ante Legge ex Cirielli n. 251/2005 la quale ha diminuito i termini di prescrizione ed è entrata in vigore successivamente alla cessazione dell’illecito in questione) prevede che “La prescrizione estingue il reato (…) in tre anni, se si tratta di contravvenzione per cui la legge stabilisce la pena dell’arresto”.
Deve tuttavia applicarsi l’art. 160 c.p. rubricato “Della estinzione del reato e della pena” il quale recita che “Il corso della prescrizione è interrotto dal (…) decreto di citazione a giudizio” ; il 3° comma del medesimo articolo indica chiaramente che “in nessun caso i termini stabiliti nell’art. 157 c.p. – quindi il termine prescrizionale di tre anni – possono essere prolungati oltre la metà”.
La conseguenza della lettura coordinata degli artt. 157 e 160 c.p. ha condotto il giudice d’appello a dichiarare di non doversi procedere nei confronti dell’imputato, in quanto effettivamente decorso il termine prescrizionale minimo di tre anni nonché quello massimo – comprensivo del periodo di sospensione per la celebrazione del processo di primo grado – di 4 anni e 6 mesi (3 anni + ½).
Alla luce di quanto sopra, la Corte d’Appello milanese, con sentenza del mese di settembre 2’13, in accoglimento delle richieste formulate negli atti difensivi depositati dallo studio, nonché del Procuratore Generale, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato ascrittogli per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione; infatti, ai sensi degli artt. 157 e segg. del Codice Penale, l’estinzione del reato va dichiarata “in ogni stato e grado del procedimento senza necessità di svolgere attività processuali”.