La corretta applicazione del principio di proporzionalità dell’agere amministrativo
La vicenda che offre il pretesto al presente commento nasce nel lontano 1995, quando gli attuali clienti dello studio depositano presso il Comune una D.I.A. per opere di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, con lo scopo di attuare una diversa distribuzione funzionale degli spazi nell’immobile di loro proprietà.
Su tale fabbricato venivano realizzati, oltre all’attività edilizia autorizzata, anche interventi edilizi in riferimento ai quali, nell’anno 2004, veniva formulata rituale domanda volta ad ottenere permesso in sanatoria in quanto gli stessi erano stati edificati in parziale difformità del predetto titolo.
Dopo un’iniziale richiesta di produzione di documentazione integrativa, nonché di pagamento del saldo a titolo di oblazione e di oneri concessori, l’Ente locale notificava ai proprietari dapprima preavviso di diniego, seguito dal diniego definitivo, ritenendo che i lavori non fossero suscettibili di sanatoria in quanto non ultimati entro il termine del 31.03.2003.
Seguivano una serie di atti e provvedimenti dell’Amministrazione tutti impostati sull’errata considerazione che gli interventi edilizi in questione fossero stati realizzati in assenza di titolo, anziché parzialmente difformi dallo stesso, con la conseguente applicazione della sanzione demolitoria di cui all’art. 31 del D.P.R. 380/2001 in luogo di quella pecuniaria prevista dall’art. 34 del Testo Unico per l’Edilizia.
Sono stati pertanto impugnati con ricorso davanti al Tribunale Amministrativo Regionale dapprima la delibera con la quale viene individuata l’area da acquisire al patrimonio comunale ed in seguito l’ordinanza di demolizione delle opere abusive e di ripristino dello stato dei luoghi.
A seguito di rituale presentazione di domanda di accertamento di conformità ex art. 36 DPR 380/2001 l’Ente locale notificava preavviso di diniego – impugnato anch’esso con motivi aggiunti – ritenendo la domanda non accoglibile in quanto depositata tardivamente; inoltre, l’istanza di sanatoria non sarebbe stata accolta in quanto difetterebbe del requisito della conformità delle opere alla vigente disciplina urbanistica.
E’ di tutta evidenza che l’inesatta qualificazione da parte dell’Ente locale degli interventi abusivi realizzati, sta alla base del conseguente errato convincimento circa l’impossibilità di applicare la sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria.
Il complessivo comportamento della Pubblica Amministrazione resistente ha determinato l’illegittimità degli atti impugnati innanzitutto per violazione del generale principio di proporzionalità del proprio agere: infatti la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 34 del T.U. Edilizia non è limitata esclusivamente agli interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo ma, costituendo un principio di portata generale, esso è suscettibile di applicazione estensiva.
La predetta norma, secondo la giurisprudenza amministrativa, costituisce una diretta applicazione del principio di proporzionalità, posto a presidio dell’interesse privato, il quale non deve mai subire sacrifici in modo assoluto a favore dell’interesse pubblico, dovendo essere adottata dalla P.A. la soluzione più idonea ed adeguata, che comporti il minor sacrificio possibile per gli interessi in gioco e si risolve nel divieto di imporre obblighi in misura sproporzionata a quella strettamente necessaria alla tutela del pubblico interesse.
I provvedimenti amministrativi oggetto di impugnazione risultano altresì viziati in quanto emessi in violazione e falsa applicazione della Legge 07 agosto 1990, n. 241, sul procedimento amministrativo.
Con particolare riferimento al rigetto dell’istanza di sanatoria, l’autorità amministrativa deve effettuare un’accurata istruttoria, con conseguente valutazione della situazione di fatto, non limitandosi ad un mero riferimento ad un precedente sopralluogo effettuato in loco.
Inoltre, il deposito di un’istanza di avvio del procedimento volta ad ottenere l’applicazione della sanzione pecuniaria in luogo del provvedimento demolitorio, implica l’instaurazione di un nuovo procedimento amministrativo che conduca all’emanazione di un provvedimento espresso, preceduto da un’adeguata istruttoria nella quale vengano acquisiti e valutati i singoli elementi utili ai fini di una puntuale motivazione.
In definitiva la Pubblica Amministrazione, per essere esente da censure, ha l’onere di valutare comparativamente i singoli interessi in gioco, l’interesse pubblico e la qualificata posizione del privato consolidatasi nel tempo, ritenendo prevalente l’affidamento del privato laddove non sussistano particolari e pregnanti ragioni di interesse pubblico che non siano da individuarsi nella mera necessità di ripristino dell’ordinamento violato.