Acquisizione di diritto al patrimonio comunale per inottemperanza all’ordine di demolizione: l’onere motivazionale – nota alla sentenza T.A.R. Brescia n. 253/2023
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione distaccata di Brescia, si è recentemente pronunciato con sentenza n. 253/2023 su un giudizio promosso dallo Studio Legale «Bruno Bianchi & Partners» avente ad oggetto la richiesta di annullamento, previa sospensione, del provvedimento con cui il Comune aveva dichiarato l’acquisizione di diritto al patrimonio comunale di un’area della parte assistita dallo Studio ai sensi dell’articolo 31, comma 3 del D.P.R. n. 380/2001, con la contestuale irrogazione di una sanzione pecuniaria ex articolo 31, comma 4-bis del D.P.R. n. 380/2001 nonché la relativa trascrizione del provvedimento nei registri pubblici e l’immissione in possesso delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione.
Nello specifico è stato contestato che, con il predetto provvedimento, veniva disposta l’acquisizione di un’area ulteriore rispetto alla superficie corrispondente al sedime dei manufatti abusivi in assenza di una congrua esplicitazione da parte dell’Ente locale delle ragioni giuridiche-fattuali a giustificazione della misura adottata.
Si rammenta che ai sensi dell’articolo 31, comma 3 del D.P.R. n. 380/2001, «se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita».
In merito alla menzionata acquisizione di un’ulteriore area necessaria per la realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, la deducente difesa ha rilevato che quest’ultima comporta un preciso obbligo di motivazione a carico dell’Ente procedente non solo riguardo alla specifica dimensione di tale (aggiuntiva) superficie, ma anche alle ragioni che rendono necessario disporre l’ulteriore acquisto. Invero, secondo quanto argomentato da autorevole indirizzo pretorio, «la circostanza che sia stata predeterminata solo la superficie massima di tale area (comunque non superiore a dieci volte quella abusivamente costruita) può spiegarsi solo ipotizzando che l’ulteriore acquisto sia necessario al fine di consentire l’uso pubblico del bene abusivo acquisito al patrimonio comunale. Ne consegue che il nesso funzionale tra i due acquisti implica che l’Amministrazione sia tenuta a specificare, volta per volta, in motivazione le ragioni che rendono necessario disporre l’ulteriore acquisto, …” (T.A.R. Lazio, Roma, n. 2666/20; cfr. anche Cons. Stato, n. 1743/21; Cons. Stato, n. 5308/20; Cons. Stato, n. 3916/19; T.A.R. Campania, Napoli, n. 1190/20)».
A fronte delle suesposte argomentazioni, la predetta Autorità Giudiziaria ha ritenuto di definire in forma semplificata l’introdotto giudizio all’esito dell’udienza cautelare dichiarando fondato il suddetto motivo di ricorso: ad avviso dei giudici, «mentre per l’area di sedime dei manufatti abusivi l’automatismo dell’effetto acquisitivo rende superflua ogni motivazione, così non è per le aree ulteriori, per le quali devono essere esplicitate le ragioni giuridico-fattuali che giustificano la misura (cfr., ex plurimis, T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, sentenza n. 744/2022)».
In conclusione, nell’accogliere la censura mossa, l’adito Tribunale ha annullato l’impugnato provvedimento nella parte in cui è stata disposta dal Comune l’acquisizione al proprio patrimonio della superficie della parte assistita dallo Studio eccedente l’area di sedime dei manufatti abusivi.