La recente sentenza T.A.R. Lombardia (Milano) sez. IV, n. 3230/2024 si è pronunciata su un ricorso promosso da alcuni privati per l’annullamento della deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del P.G.T. nella parte in cui ricomprendeva l’area di proprietà degli stessi in zona agricola nonché per l’annullamento in parte qua di tutti gli atti presupposti, conseguenti o connessi.
Nel merito, i ricorrenti hanno contestato tale classificazione ritenendola in contrasto sia con il P.T.C.P. della Città Metropolitana di Milano (che ne contemplava il possibile utilizzo per la realizzazione di un terminal intermodale), sia con le disposizioni del P.G.T. che recepivano tale previsione di rango provinciale. In tale ottica, i ricorrenti hanno dedotto la natura vincolante del P.T.C.P. per il pianificatore comunale, evidenziando al contempo l’illogicità della destinazione agricola attribuita ai loro terreni data l’assenza di vocazione agricola nonché l’omessa disamina delle istanze di riclassificazione dell’area presentate e la carenza motivazionale nella reiezione dell’osservazione presentata dagli stessi.
L’Amministrazione comunale – rappresentata e difesa dallo Studio Legale Bruno Bianchi &Partners – ha ottenuto un esito favorevole del giudizio grazie alla solidità delle argomentazioni difensive, decisive per il rigetto del ricorso. In particolare, nell’escludere qualsivoglia contraddittorietà tra le previsioni comunali e quelle provinciali, il Collegio ha ritenuto dirimente chiarire i rapporti tra il contenuto del P.G.T. e del P.T.C.P. con riferimento all’infrastruttura intermodale che i ricorrenti avrebbero voluto realizzare sui propri terreni e, in adesione alle tesi difensive avanzate dallo Studio, ha escluso che il P.T.C.P. potesse avere carattere vincolante.
Invero, è stato osservato che la presenza del terminal intermodale nello strumento urbanistico comunale è spiegata esaurientemente dalla stessa Relazione al P.G.T. in cui si dà atto che il significato delle menzionate disposizioni “va ricostruito nel senso dell’operatività delle stesse nel solo caso di attuazione della previsione del centro intermodale, contemplata come mera possibilità di sviluppo futuro dal P.T.C.P., ma esclusa dalla destinazione agricola attualmente assegnata all’area dal P.G.T., salvo diversa valutazione da svolgersi con apposito procedimento in ambito SUAP”. Nel senso di escludere l’asserita vincolatività del P.T.C.P. con effetti vincolanti per il P.G.T. è stato rilevato che la stessa Città Metropolitana di Milano – preposta all’adozione e attuazione del P.T.C.P. – in sede di procedimento V.A.S. per la variante al P.G.T. aveva affermato la natura non vincolante della suddetta allocazione, giudicandola al contempo non auspicabile con riferimento alla quantità e qualità del consumo di suolo che l’intervento avrebbe prodotto nonché alla rilevanza paesaggistica ed ecologica del sito e alla derivante congestione del traffico.
Quanto all’asserita irragionevolezza della destinazione attribuita all’area di proprietà dei ricorrenti in quanto privi di destinazione agricola, in ossequio alle argomentazioni proposte dallo Studio Legale Bruno Bianchi & Partners, è stato condiviso l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “in materia di pianificazione urbanistica il Comune gode di un’ampia discrezionalità, con la conseguenza che la posizione dei privati risulta recessiva rispetto alle determinazioni dell’Amministrazione, in quanto scelte di merito non sindacabili dal giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà o irragionevolezza manifeste, ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono soddisfare”. Pertanto, nel caso di specie, non è stata riscontrata nessuna irragionevolezza manifesta nell’azzonamento a verde agricolo dei terreni poiché la piena logicità di una siffatta determinazione deve essere affermata quante volte con essa si perseguano finalità orientate al decongestionamento di un’area eccessivamente edificata, o al contenimento del consumo di suolo, indipendentemente dalla sussistenza di un’effettiva vocazione all’impiego dei terreni nell’attività agricola in senso stretto[1].
In definitiva, il Tribunale adito ha ritenuto infondate le complessive censure articolate dai ricorrenti ed ha riconosciuto la legittimità dell’impugnata delibera consiliare di approvazione del P.G.T. nella parte in cui ha attribuito all’area di proprietà dei medesimi la destinazione d’uso agricola la cui scelta è stata motivata, sostanzialmente, facendo menzione ai criteri generali di impostazione del Piano, ed agli obiettivi, ivi assunti, di contenimento del consumo di suolo[2]. Conseguentemente, il rigetto delle istanze di riclassificazione non ha richiesto una dettagliata motivazione in quanto, nel respingere le osservazioni al P.G.T., l’Amministrazione non ha alcun dovere di motivazione specifica poiché “seppure l’Amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse, essendo sufficiente per la loro reiezione il mero contrasto con i principi ispiratori del Piano”.
[1]Invero, per costante giurisprudenza, “la destinazione di un’area a verde agricolo non implica necessariamente che la stessa soddisfi in modo diretto ed immediato interessi agricoli, ben potendo giustificarsi con le esigenze dell’ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire ulteriori edificazioni, ovvero di garantire l’equilibrio delle condizioni di vivibilità, assicurando la quota di valori naturalistici e ambientali necessari a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano, come accade nella fattispecie de qua”.
[2] Sul punto, è risultato dirimente il rilievo per cui “Le osservazioni presentate in occasione dell’adozione del nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza di capo all’Amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree. Pertanto, seppure l’Amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse, essendo sufficiente per la loro reiezione il mero contrasto con i principi ispiratori del piano” (TAR Lombardia, Milano, II 22 ottobre 2021, n. 2333).