Legittimità della perequazione parziale (o di comparto): è necessario, nell’ambito del piano attuativo, che gli oneri imposti ai proprietari siano funzionali alla soddisfazione delle esigenze del comparto (o, all’opposto, che non esorbitino la necessità del comparto).
Senza questa “funzionalizzazione” la perequazione può attuarsi solo con l’attribuzione di indici diversi a seconda delle caratteristiche delle aree, di un’adeguata classificazione dei suoli, mentre scompare la necessità di un’attuazione contestuale delle misure mediante piano attuativo.
Tar Lombardia – Milano, Sez. IV, 16 aprile 2012 n. 1123
La sentenza in epigrafe origina dal ricorso presentato da un proprietario inciso dallo strumento urbanistico generale di un Comune lombardo che, in sede di approvazione di una variante generale, ritipizzava il terreno di sua proprietà, in precedenza azzonato in D 1 (cioè situato in zona destinata ad attività produttive e commerciali), inserendolo in una zona speciale caratterizzata dalla compresenza di una zona paludosa, con l’attribuzione di un basso indice di edificabilità e l’obbligo di previa approvazione di un progetto unitario esteso all’intera zona (con l’intervento di altri proprietari che rappresentassero almeno il 75% del valore degli immobili).
La disciplina disposta dal Comune – come rilevato dallo stesso giudice amministrativo- impiegava gli strumenti ordinari della disciplina urbanistica di cui alla l.u. n. 1150/1942 per realizzare un sistema di perequazione urbanistica, nello specifico utilizzando il meccanismo proprio dei sistemi di c.d. perequazione “limitata” che si ispirano al modello del comparto edificatorio (sulla cui legittimità, inserendosi e sovrapponendosi siffatto modello al sistema tradizionale dello zonig, la giurisprudenza si è espressa, come noto, in maniera pressoché unanime).
In sostanza, secondo la disciplina comunale, nella zona speciale in questione era prevista la cessione obbligatoria al Comune delle aree standard e la loro destinazione alla creazione di un’oasi naturalistica. Nelle suddette aree standard veniva prevista una edificabilità limitata a 500 mq di s.l.p. che il Comune poteva impiegare in tutto o in parte per la realizzazione di attrezzature e servizi secondo le destinazioni d’uso espressamente consentite nelle suddette aree.
Deve essere inoltre rilevato che l’intera area si caratterizzava per un’ edificabilità generale di mq 14.200, per la presenza di un indice di zona e non per lotti, per la suddivisione dell’indice tra tutti i proprietari della zona in proporzione alla superficie effettiva e per la necessità di approvazione di apposito piano attuativo esteso a tutta la zona che facesse ricadere la volumetria nell’area extra standard per q 13.700.
Il proprietario, in relazione a quanto sopra, denunciava, in sostanza, il mancato rispetto delle regole della pianificazione urbanistica tradizionale, con particolare riferimento all’impiego, nell’ambito degli ordinari strumenti pianificatori, del meccanismo perequativo che dovrebbe anche attuarsi secondo criteri improntati ad una corretta zonizzazione.
Il Tar Milanese non ha dubbi in merito alla legittimità della scelta operata dal Comune in relazione alla delimitazione della zona. La zona speciale afferente al caso di specie è un complesso di aree che, pur avendo diversa vocazione, sono unificate dal pianificatore sulla base di un progetto di sviluppo con finalità perequative abbastanza comune nella pianificazione e, come tale, non manifestamente irrazionale e illogico. Rileva, a tal riguardo, quanto già affermato dalla giurisprudenza amministrativa: i provvedimenti con i quali i comuni ripartiscono in zone il territorio in sede di pianificazione urbanistica hanno natura ampiamente discrezionale, potendo pertanto incidere anche su precedenti difformi destinazioni delle zone stesse, sempre che la nuova suddivisione non sia affetta da errori di fatto o da gravi vizi di illogicità, irrazionalità e contraddittorietà.
Altrettanto legittimità è anche la previsione da parte del Comune di un indice edificatorio unitario esteso a tutta la zona poiché, contrariamente a quanto denunciato dal ricorrente, ciò risulta comunque giustificabile alla luce della condizione dei luoghi, con riferimento al concetto di “idoneità alla trasformazione urbanistica” che trova applicazione soprattutto laddove la volumetria deve atterrare su altre aree. Invero, in relazione alla zona speciale in questione, il Comune aveva un preciso progetto di utilizzazione dell’area ad uso verde pubblico attrezzato, caratterizzato dalla previsione di una possibilità edificatoria (seppur limitata) e dalla realizzazione di strutture per la fruizione pubblica che integravano anch’esse forme di partecipazione alla trasformazione urbanistica.
Pertanto, secondo il giudice amministrativo, è necessario che nell’ambito del sistema perequativo l’attribuzione del diritto edificatorio sia effettuata nel rispetto della naturale vocazione edificatoria dell’ area. In particolare, affinchè si elimini o quantomeno si riduca l’effetto discriminatorio del piano, anche i fondi sui quali deve atterrare l’edificabilità (proveniente dai fondi sorgente) debbono essere idonei – e ciò appunto si verifica nel caso di specie – alla trasformazione urbanistica per natura e per destinazione urbanistica (anche se in misura diversa).
Il Tar Lombardo ha tuttavia rilevato nella disciplina disposta dal Comune un aspetto di illegittimità rispetto ai principi e criteri su cui deve essere imperniato il sistema della perequazione “parziale” o “di comparto”.
Nel caso di specie non sussisteva alcune legame tra le aree che rientrano nel piano attuativo, in quanto dal progetto comunale che si desume dagli atti è difficile ritenere che l’acquisizione delle aree verdi sia funzionale alla realizzazione di servizi a favore delle aree a vocazione industriale, qual è quella del ricorrente, quanto piuttosto a fornire servizi ai cittadini delle aree residenziali esterne alla zona ed al piano attuativo.
Nell’ ambito del piano attuativo gli oneri imposti ai proprietari devono invece essere funzionali alla soddisfazione delle esigenze del comparto (o all’opposto, non devono esorbitare la necessità del comparto).
Dunque, l’attribuzione di un indice unico ad aree che pur avendo caratteristiche diverse sono tutte necessarie alla realizzazione di un programma di trasformazione urbanistica unitario, ma anche il superamento della distinzione degli usi del territorio e della stessa zonizzazione e la delimitazione del comparto non risultavano giustificabili.
Invero, in mancanza del “vincolo teleologico” di cui sopra, la perequazione può attuarsi solo con l’attribuzione di indici diversi a seconda delle caratteristiche delle aree, di un’adeguata classificazione dei suoli e scompare la necessità di un’attuazione contestuale delle misure mediante piano attuativo.
Per tale motivo, il Tar ha accolto il ricorso, con ciò annullando le delibere impugnate relative allo strumento urbanistico comunale nella parte in cui impongono per la trasformazione urbanistica dell’area la previa approvazione di un piano attuativo.