E’ possibile prevedere a titolo di corrispettivo per la cessione del diritto di proprietà di aree, già concesse in diritto di superficie, la realizzazione di opere da trasferire al Comune?
Corte dei Conti (Sez. contr. Lombardia) 21 maggio 2012 n. 222
Con il parere in epigrafe, la Corte dei Conti si è espressa in merito alla possibilità di prevedere a titolo di corrispettivo per la cessione del diritto di proprietà di aree, già concesse in diritto di superficie, la realizzazione di opere da trasferire al Comune.
Nel caso di specie, l’Ente comunale, dopo essersi dotato del Piano per insediamenti produttivi ai sensi della l. n.865/1971, aveva dato attuazione alla realizzazione degli interventi assegnando le aree ricomprese nei vari lotti del piano, sia in diritto di superficie sia in piena proprietà.
Invero ai sensi dell’art. 27 della suindicata normativa le aree comprese nel piano oggetto di espropriazione vengono utilizzate dal comune per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico mediante la cessione in proprietà o la concessione del diritto di superficie sulle aree medesime.
In tale contesto – osserva la Corte, ricostruendo il quadro normativo cui inerisce il quesito de quo – il privato è beneficiario delle aree in questione ma in virtù di un provvedimento di concessione finalizzato alla realizzazione di superiori interessi di carattere generale per la comunità comunale per cui “l’atto di concessione” (o l’atto di cessione) della proprietà dell’ area attribuisce diritti sulle aree interessate (di superficie o di piena proprietà) ma anche dei relativi connessi “oneri” (disciplinati mediante la stipula di una convenzione per atto pubblico) con la previsione di “sanzioni per la loro inosservanza“.
La questione sottoposta alla Corte è da riferirsi, dal punto di vista normativo, anche e soprattutto, alla previsione di cui all’art. 3, comma 64 della l. 662/1996, che si innesta pertanto sull’impianto legislativo di cui sopra, in forza della quale è consentito ai Comuni, che in precedenza avevano optato per la concessione ai privati del diritto di superficie sulle aree destinate ad insediamenti produttivi, di attribuirne il pieno diritto di proprietà.
Secondo la Corte, in relazione a quanto sopra, il Comune potrebbe optare, in luogo del corrispettivo in denaro, per una differente forma di attribuzione patrimoniale ma nel rispetto dei limiti legislativi imposti dal combinato disposto dell’art. 27 della l. n. 865/1971 e dell’art. 3, comma 64, della l. n. 662/1996 (oltre che quelli desumibili dall’ordinamento giuridico generale).
Da un lato, dovranno essere osservati il procedimento e i criteri di valutazione sanciti dal legislatore per la cessione dell’area con specifico riferimento alla previsione secondo cui “il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione di cui al presente comma” (art. 3, comma 64 così come novellata dall’art. 11 della l. n. 273/2002). Il valore che il privato deve corrispondere – precisa il giudice – può anche consistere, essendo stato stabilito dal legislatore solo nel minimo, in un ammontare più elevato, incrementato dal Comune, previa motivazione, in funzione delle specifiche esigenze da perseguire e del contesto produttivo in cui l’operazione di cessione si inserisce.
Dall’altro lato, è necessario che l’entrata sia finalizzata alla realizzazione degli scopi perseguiti con il Piano. Invero, con riferimento al summenzionato art. 27 della l. n. 865/1971, il privato può obbligarsi, stipulando apposita convenzione, a determinati oneri (pagamento corrispettivo in denaro ovvero alla realizzazione di opere strumentali o altro) necessariamente presidiati da sanzioni in caso di inosservanza (causa rischio mancato conseguimento degli obiettivi perseguiti).
Conseguentemente, la Corte ritiene possibile che il comune previa adeguata motivazione, permetta al privato di liberarsi dall’erogazione del corrispettivo per la cessione di aree in proprietà imponendogli l’obbligo di realizzare opere pubbliche funzionali al mantenimento degli obiettivi posti dal PIP, precisando comunque che si tratta necessariamente di opere di investimento. Inoltre è anche possibile che il Comune decida di far effettuare al privato altre opere pubbliche, stipulando analoga convenzione e prevedendo similari sanzioni in caso di inadempienza, come nel caso in cui l’area destinata al PIP non abbia, allo stato, bisogno di interventi di adeguamento/ristrutturazione. In tale caso, infatti, il privato realizzerebbe direttamente l’opera pubblica in sostituzione del Comune impiegando le somme che avrebbe dovuto versare per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà.
Sciolto, nei termini di cui sopra, il nodo dell’ammissibilità della surrogazione del corrispettivo della cessione della proprietà con la realizzazione di opere pubbliche, la Corte si sofferma sulla questione attinente alle modalità che il privato deve seguire per la realizzazione di tali opere, con specifico riferimento alle procedure per l’affidamento dei lavori (pubblici) a scomputo del corrispettivo di cessione.
Il privato esecutore, a seconda che le opere da realizzare a favore del Comune, a fronte della cessione in piena proprietà di immobili precedentemente concessi in diritto di superficie e destinati ad insediamenti produttivi, siano di importo superiore o inferiore alla soglia comunitaria dovrà rispettare le seguenti disposizioni: o le norme della Parte II titolo I, nonché quelle della parte I, IV e V (cfr. art. 32 comma 1 lett. g, nonché le eccezioni previste dal comma 2 del medesimo articolo) per le opere di importo superiore alla soglia comunitaria prevista in tema di lavori (dal 01/01/2012, € 5.000.000, come imposto dal Regolamento CE n. 1251/2011), o la disciplina prevista degli art. 121 comma 1 e, in particolare, la procedura dell’art. 57, comma 6 (con invito rivolto ad almeno cinque soggetti se sussistono in tale numero aspiranti idonei) del medesimo Codice, in caso di lavori sotto soglia comunitaria (cfr. art. 122 comma 8).
Con riferimento a quest’ultima ipotesi la Corte richiama l’art. 16 del DPR n. 380/2001 così come recentemente modificato dall’art. 45 del d.l. n. 201/2011 (convertito nella legge n. 214/2011). Ai sensi del nuovo comma 2 bis dell’art. 16 nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.