Ristrutturazione edilizia e nuova costruzione
Il Collegio, evidenzia, che il concetto di ristrutturazione edilizia, quale enunciato dall’art. 31, lett. d), l. 05.08.1978, n. 431 (“interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono anche portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”), ha subito nel tempo diversificate interpretazioni soprattutto riguardo alla ristrutturazione per demolizione e ricostruzione, nella ricerca degli elementi che distinguessero la fattispecie dalla ristrutturazione (in termini, TAR Lombardia Milano, sez. II, 02.12.2009, n. 5268, dalla quale è tratta la seguente ricostruzione).
Ad un primo orientamento che escludeva la demolizione e ricostruzione dalla fattispecie di ristrutturazione (Cons. St., sez. V, 09.02.1996, n. 144), è seguito l’orientamento trasfuso nel Testo Unico dell’edilizia che ha compreso la fattispecie nella categoria della “ristrutturazione” purché “fedele” in quanto modalità estrema di conservazione dell’edificio preesistente nella sua consistenza strutturale, essendosi ritenuto che “la ricostruzione di un preesistente fabbricato senza variazione o alterazione della superficie, volumetria e destinazione d’uso, non incide sul carico urbanistico già esistente e non è pertanto assoggettato ad oneri né al rispetto degli indici sopravvenuti” (Cons. St., sez. V, 10.08.2000, n. 4397).
In recepimento degli indirizzi giurisprudenziali formatisi in materia, il T.U. dell’edilizia ha ricompreso tra gli interventi di ristrutturazione edilizia “quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.
L’art. 1 del decreto legislativo 27.12.2002, n. 301 ha modificato l’art. 3, in parte qua, eliminando la locuzione “fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche di materiali a quello preesistente” e l’ha sostituita con l’espressione “ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente” (art. 1, lett. a).
Anche escludendo il superato criterio della fedele ricostruzione, esigenze di interpretazione logico-sistematica della nuova normativa inducono tuttavia la giurisprudenza a ritenere che la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell’edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi (fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 18.03.2008, n. 1177).
Ciò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è, dunque, la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso una edificazione di cui si conservi la struttura fisica ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma -in quest’ultimo caso- con ricostruzione, se non «fedele» (termine espunto dall’attuale disciplina), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (Consiglio Stato, sez. VI, 16.12.2008, n. 6214).
Concetto di pertinenza
La giurisprudenza consolidata in materia ha avuto da tempo modo di chiarire che il concetto di pertinenza, previsto dal diritto civile, va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime concessorio, come nel caso di un intervento edilizio che non sia coessenziale al bene principale e che possa essere utilizzato in modo autonomo e separato (cfr., Cons. St., sez. IV, 23.07.2009, n. 4636; TAR Campania Napoli, sez. IV, 01.09.2009, n. 4848).