Tar Veneto, Sez. II, 18 dicembre 2009, n. 3635
Con questo approfondimento viene illustrato il contenuto di una recente sentenza emanata su un caso di realizzazione di opere parzialmente non conformi su area assoggettata a vincolo paesaggistico.
Le norme da tenere in considerazione quando si tratta di autorizzare un intervento edilizio in area assoggettata a vincolo paesaggistico è il D. Lgs. 22 gennaio 2004, n.42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, emanato ai sensi dell’art.10 della Legge 6 luglio 2002, n. 137”, che è stato modificato con i decreti legislativi (pubblicati in G.U. n. 102/L del 27 aprile 2006) n. 156/2006 in relazione ai BENI CULTURALI e 157/2006 in relazione al PAESAGGIO”.
In particolare, vengono in rilievo l’assoluto divieto di rilascio formale di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, di cui all’art. 146, e la previsione alternativa di remissione in pristino o di versamento di indennità pecuniari, di cui all’art. 167.
La normativa in esame non è preordinata a salvaguardare il paesaggio (paesaggio che per definizione non può essere pregiudicato da opere con esso compatibili), ma è finalizzata a sanzionare la violazione formale compiuta dai cittadini che, senza acquisire il preventivo benestare, abbiano realizzato opere che sarebbero state legittimamente assentite se l’autorizzazione paesaggistica fosse stata chiesta prima della loro esecuzione.
Con una pronuncia del 19 marzo 2008 (n. 317) il Tar Lombardia, Brescia, Sezione I, si era pronunciato sulla ratio della norma in questione disponendo che “La finalità della norma è di costituire un più solido deterrente contro gli abusi dei privati. Il regime previgente, che affidava all’amministrazione la scelta tra la remissione in pristino e il pagamento di un risarcimento ambientale (da individuare nel maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito dal trasgressore), riconosceva un certo rilievo al fatto compiuto alterando i rapporti di forza tra la parte pubblica e quella privata a favore di quest’ultima. Il regime attuale invece fa prevalere l’interesse pubblico a un’utilizzazione controllata (e quindi preventivamente assentita) del territorio caratterizzato da valori o fragilità ambientali.”
Con la sentenza in commento viene affrontato una altro aspetto, e cioè la possibile contraddizione tra la possibilità di infliggere una sanzione pecuniaria e la contestuale autorizzazione postuma di autorizzazione. Il Collegio ritiene che non vi sia alcuna incongruenza logico-giuridica nella contemporanea vigenza di un assoluto divieto di rilascio formale di autorizzazione paesaggistica in sanatoria (ex art. 146 del D. Lgs. 42/2004) e della sanzione alternativa tra la demolizione dell’opera ed il pagamento di un’indennità (ex art. 167 del D. Lgs. 42/2004). Ed osserva “come siano profondamente diversi gli ambiti operativi delle due norme” consentendo alla pubblica amministrazione di “optare per la sanzione pecuniaria in luogo della demolizione” non configurando “una sorta di autorizzazione postuma implicita, presupponendo comunque l’accertamento di una violazione rispetto al valore paesaggistico, sia pure di consistenza tale da non imporre la demolizione dell’opera”.
Dott.ssa Loretta Davanzo