Comitati costituiti in forma associativa temporanea – Legittimazione ad agire – Limiti.
La giurisprudenza ha affermato che deve essere esclusa la legittimazione ad agire dei comitati istituiti in forma associativa temporanea, con scopo specifico e limitato, costituenti una mera proiezione degli interessi dei soggetti che ne fanno parte e che quindi non sono portatori in modo continuativo di interessi diffusi radicati nel territorio. Diversamente si consentirebbe una sorta di azione popolare che non é ammessa dall’ordinamento (Cons. Stato, Sez.V, 23.4.07, n .1830; Sez. VI, 11.7.08, n. 3507; TAR Toscana, Sez. I, 2.12.10, n. 6710; T.A.R. Lazio Lt I, 8.7.09, n. 670; T.A.R. Puglia, Ba, Sez. III, 15.4.09, n. 866).
Associazioni ambientaliste – Art. 13 L. n. 349/1986 – Potere di accertamento della legittimazione ad agire – Giudice – Valutazione caso per caso – Condizioni.
Anche se è vero che l’affidamento al Ministero dell’ambiente, ex art. 13 l. 8 luglio 1986 n. 349, del potere di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste e dei comitati non esclude la possibilità per il giudice di valutare, caso per caso, la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione ad impugnare provvedimenti lesivi di interessi ambientali, la verifica di tale capacità di agire, anche in relazione all’art. 18 l.n. 349/86, è comunque assoggettata a precise e circoscritte condizioni (Cons. Stato, Sez. IV, 2.10.06, n. 5760 e 19.2.10 n. 1001), diversamente configurandosi un’azione popolare non prevista dall’ordinamento.
Comitato – Rappresentatività rispetto all’interesse da proteggere – Indici.
Può considerarsi indirizzo ormai consolidato quello secondo cui l’interesse diffuso si trasforma in interesse collettivo, e diventa, quindi, interesse legittimo tutelabile in giudizio, solo nel momento in cui, indipendentemente dalla sussistenza della personalità giuridica, l’ente dimostri la sua rappresentatività rispetto all’interesse che intende proteggere.
Rappresentatività che deve essere desunta da una serie di indici elaborati – non senza contrasti in effetti- dalla giurisprudenza nel corso degli ultimi anni.
E’ stato evidenziato, nello specifico, che se deve trattarsi di un ente il cui statuto preveda come fine istituzionale la protezione di un determinato bene a fruizione collettiva, cioè di un dato interesse diffuso o collettivo, l’ente medesimo deve essere in grado, per la sua organizzazione e struttura, di realizzare concretamente le proprie finalità ed essere dotato di stabilità, nel senso che deve svolgere all’esterno la propria attività in via continuativa (Cons. Stato, Sez. VI, 11.7.08, n. 3507).
L’azione, pertanto, deve assumere connotazioni tali da creare in capo all’ente una situazione sostanziale meritevole di tutela, al fine di escludere la legittimazione a ricorrere delle c.d. “associazioni di comodo” la cui attività non riflette effettive esigenze collettive e continuative (TAR Campania 20 dicembre 2010 n. 13718).
Infine, l’organismo collettivo deve essere portatore di un interesse localizzato, nel senso che deve sussistere uno stabile collegamento territoriale tra l’area di afferenza dell’attività dell’ente e la zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (“criterio della c.d. vicinitas”).