Nota a Consiglio di Stato, sentenza nr. 3094 depositata in data 17 giugno 2014
Nel caso in esame l’appellante ha proposto ricorso avverso la sentenza del TAR Napoli con la quale era stata annullata la concessione edilizia in sanatoria e la concessione in variante di corso d’opera che le erano state rilasciate dal Comune di Teano.
In particolare l’attuale appellante aveva ottenuto nel 1998 una concessione edilizia per la realizzazione di un fabbricato rurale su fondo agricolo e nel 2001 le concessioni in variante e sanatoria con le quali si autorizzava un incremento della volumetria consentita.
Avverso le predette concessioni l’odierno appellato, quale comproprietario di un secondo fabbricato rurale preesistente sullo stesso fondo in cui era stato realizzato quello contestato, aveva proposto ricorso al TAR per il loro annullamento assumendo che l’assenso alla realizzazione di una maggiore cubatura era stato ottenuto da controparte grazie ad una ulteriore superficie dichiarata come disponibile, ma occupata da un altro fabbricato la cui cubatura non era stata computata ai fini del calcolo della cubatura totale ammissibile.
I Giudici di primo grado avevano dichiarato irricevibile il ricorso con esclusivo riferimento all’impugnazione della concessione originaria mentre aveva annullato gli atti successivi in variante e in sanatoria.
Il Consiglio di Stato, condividendo la valutazione del TAR in ordine alla tempestività dell’impugnazione delle concessioni successive, distingue tra varianti in senso proprio “che si riferiscono a modifiche quantitative e qualitative di limitata consistenza e di scarso rilievo rispetto al progetto originario” dalle varianti essenziali o improprie le quali contemplano la realizzazione di un “quid novi”. Tale seconda categoria di varianti va qualificata come nuova concessione suscettibile di autonoma e specifica impugnativa giurisdizionale e quindi idonea a riaprire i termini per l’impugnazione della concessione originaria sempre se i vizi dedotti siano ascrivibili alla variante.
Nel caso di specie il ricorrente aveva contestato la realizzazione di varianti essenziali poiché era stato autorizzato un aumento di volume e di cubatura non consentita dall’indice di fabbricabilità dell’area e quindi questi titoli potevano essere impugnati indipendentemente dall’impugnazione della concessione originaria.
Secondo i Giudici non merita accoglimento neppure la censura in ordine alla carenza di interesse ad agire dell’appellato poiché, in materia edilizia opera il criterio della “vicinitas” ovvero la semplice “esistenza di uno stabile collegamento con il terreno interessato dall’intervento edilizio è sufficiente a comprovare la sussistenza sia della legittimazione che dell’interesse a ricorrere senza che sia necessario al ricorrente anche allegare e provare di subire uno specifico pregiudizio per effetto dell’attività edificatoria intrapresa sul suolo limitrofo”. Risulta quindi provato lo stabile collegamento con il terreno essendo il ricorrente il comproprietario dell’altro fabbricato insistente su una parte del fondo in questione.
Per quanto riguarda il computo della volumetria ai fini dell’edificabilità delle aree libere i Giudici ritengono che la stessa non possa prescindere dalla valutazione della sussistenza di un vincolo di asservimento di tali aree in favore della costruzione preesistente realizzata sul fondo.
L’asservimento dà luogo ad un rapporto pertinenziale che ha natura permanente e costituisce una qualità oggettiva del fondo da edificare indipendentemente da eventuali frazionamenti del medesimo e pertanto, ai fini dell’edificabilità, tali aree “devono comunque intendersi asservite alle costruzioni già realizzate ed a quelle assentite al momento del frazionamento, e cioè risultano edificabili solo entro l’eventuale surplus che deriva dal computo delle preesistenti volumetrie comunque realizzate”.