Il potere comunale in sede di pianificazione nelle aree agricole non è senza limiti, le previsioni legislative della Legge Regionale 12/05 sono immediatamente prevalenti sulle contrastanti previsioni del Piano di Governo del Territorio
Commento a Consiglio di Stato, 18 novembre 2013, n. 5453
Veniva impugnata da un Comune lombardo innanzi al Consiglio di Stato una pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale di Milano, resa in tema di edificazione nelle aree agricole, la quale vedeva l’ente locale soccombere in quanto venivano dichiarate illegittime le norme di piano, per violazione dello statuto regionale delle aree agricole, laddove introducevano un divieto assoluto di edificazione, imponevano limiti volumetrici alle attrezzature ed alle infrastrutture produttive e prevedevano, inoltre, una distanza massima di edificazione di metri 30 dagli edifici esistenti.
Sul punto “divieto assoluto di edificazione in area agricola” il Giudice di prima istanza ha ritenuto illegittima la disposizione del PGT impugnato per violazione degli artt. 59, 60 e 61 della Legge Regionale 12/05 e degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, in quanto prevedendo che possa costruire solo l’imprenditore agricolo già insediato sul posto con strutture stabili, introdurrebbe una disciplina in contrasto con quella prevista dalla legislazione regionale in materia di edificabilità agricola, vanificando la finalità di favorire la conduzione dei fondi agricoli e svuotando, almeno in parte di contenuto, il diritto di proprietà.
Ricorda il Tribunale di primo grado la propria precedente giurisprudenza in materia, la quale stabilisce che la potestà pianificatoria comunale preesiste alla normativa legislativa e concorre con quella (e con la potestà pianificatoria provinciale) a dettare la disciplina delle aree agricole; in secondo luogo la Legge Regionale stabilisce alcuni vincoli tassativi che costituiscono elemento imprescindibile dello statuto delle aree agricole e, come tali, non possono essere derogati; il potere comunale, quindi, non è senza limiti, in particolare quando disciplina l’attività agricola come produzione.
In particolare viene ritenuto fondato il motivo di ricorso nella parte in cui viene ritenuta illegittima la norma di PGT la quale, stabilendo che possa costruire solo l’imprenditore agricolo già insediato sul posto con strutture stabili, introduce requisiti soggettivi ultronei rispetto a quelli stabiliti dalla legge regionale, la quale prevede requisiti soggettivi tassativi (recita la norma “esclusivamente”).
Un secondo motivo di ricorso accolto dal Tar Milano riguarda la violazione dell’art. 59 comma 4 della Legge Regionale 12/05 in quanto legherebbe l’edificazione agricola a calcoli volumetrici mentre la norma in questione stabilirebbe solo un rapporto di copertura.
L’art. 59 comma 4 della Legge Regionale 12/05, infatti, stabilisce che “nel computo dei volumi realizzabili non sono conteggiate le attrezzature e le infrastrutture produttive di cui al comma 1, le quali NON sono sottoposte a limiti volumetrici”; ne consegue che è illegittima la disposizione delle norme comunali nella parte in cui contiene una disciplina dell’attività agricola che impone limiti volumetrici alle attrezzature ed alle infrastrutture produttive previste dalla norma.
Ulteriore accoglimento è riservato al motivo di censura con il quale viene denunciata per eccesso di potere per illogicità, perplessità e contraddittorietà manifesta la previsione di una distanza massima di edificazione di mt. 30 dagli edifici esistenti.
Degno di nota è l’osservazione del Giudicante laddove rileva che “il punto centrale è la legittimità di previsioni ulteriormente limitative in presenza di previsioni stabilite a livello regionale che già da sole sono riduttive e compressive dell’attività agricola e per ciò già ritenute giustamente tassative nella loro delimitazione dell’attività edificatoria in zona agricola, che quindi difficilmente può accettare nuove, diverse e maggiori compressioni”.
Il Consiglio di Stato aderendo alle statuizioni del Tar Milano ha rigettato l’impugnazione del Comune, confermando il contenuto della sentenza appellata.