La giurisdizione del giudice ordinario in materia di occupazione usurpativa “allo stato puro”
Secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato si ricorre in ipotesi di occupazione sine titulo, ossia di occupazione in alcun modo riconducibili all’esercizio di una funzione pubblica, quando sia stata posta in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto.
Ipotesi tipica è quella di occupazione effettuata senza dichiarazione di pubblica utilità e/o decreto d’occupazione d’urgenza (CASS SU 6070/2009, 7936/2008, CDS AP 9/2007, CASS SU 9324/2007, 2690/2007, CASS 8210/2007, 9171/2005) o quella realizzata nel corso di procedimento espropriativo, ma interessante aree non coperte dalla dichiarazione di pubblica utilità, in quanto non incluse nel piano particellare di esproprio o incluse per superfici minori (TAR BA 552/2009, CASS SU 7442/2008, 5925/2008, TAR PA 2873/2007, CASS. SU 27192/2006) ed ancora l’ipotesi di aree non incluse nel decreto di esproprio (TAR VE 700/2009, CDS 1338/2007) e quella in cui la scadenza dei termini di efficacia della pubblica utilità abbia preceduto l’irreversibile trasformazione del fondo (CASS. SU 16093/2009, 15603/2009, 30254/2008, TAR CT 489/205, PA 74/2005).
Nei suddetti casi è affermata la giurisdizione del GO; ciò in quanto, anche alla luce delle sentenze della Corte Cost. n. 204/2004 e 191/2006, l’intervenuta occupazione configura comportamento non riconducibile neppure mediatamente e/o indirettamente all’esercizio di potere.
Nella fattispecie, posta all’esame dello studio, non vi è stata alcuna dichiarazione di pubblica utilità e/o decreto d’occupazione d’urgenza o comunque atti amministrativi relativi ad un procedimento espropriativo, bensì esclusivamente una scrittura privata di compravendita che non è stata seguita da atto notarile.
Alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale la controversia sfugge pertanto alla giurisdizione del Giudice Amministrativo, dovendo necessariamente inquadrarsi nella giurisdizione del G.O.
La P.A. avrebbe posto in essere, quindi, un comportamento avulso da ogni previa determinazione formale, risolvendosi in una sorta di contegno materiale apprensivo della proprietà del bene del privato.
Orbene, la fattispecie de qua sostanzia proprio quella ipotesi residuale che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato già con la decisione n. 9/2005 e poi con la n. 2/2006 devolveva alla giurisdizione del G.O., propendendo per una soluzione che riconduca al giudice ordinario le sole occupazioni scollegate da ogni provvedimento e dalla dichiarazione di pubblica utilità, in quanto queste, costituiscono meri comportamenti materiali, vie di fatto, ab origine sottratte al Giudice Amministrativo dalla C.Cost.
La vicenda trattata è quindi pacificamente ascrivibile al noto fenomeno patologico comportamentale della P.A. tramandato alla letteratura giuridica come occupazione usurpativa allo stato puro, in quanto del tutto separata da un previo atto dichiarativo della pubblica utilità.
Il Supremo Consesso ha, infatti, escluso dall’alveo della giurisdizione amministrativa quei fenomeni occupativi che nascono già come occupazione usurpativa a cagione dell’originaria inesistenza di un valido titolo ablativo che legittimi l’esplicazione del pubblico potere.
Nel caso esaminato, infatti, ci si trova di fronte a meri comportamenti del tutto slegati dall’esercizio di potestà pubblicistiche.
Il Consiglio di Stato ha, ancora, di recente ribadito che “la linea di demarcazione tra la giurisdizione ordinaria e amministrativa è determinata dalla presenza, nella singola vicenda, di un atto amministrativo, con la conseguenza che la giurisdizione amministrativa è da escludere nei casi di occupazione usurpativa, cioè quando l’attività di immissione in possesso di un’area e le eventuali trasformazioni della stessa siano riconducibili alla mera via di fatto” (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 giugno 2009, n. 3677; vedi anche TAR Piemonte Torino 21.05.2010 n. 2436; TAR Campania Napoli n. 16019/2010).