Nella formazione del P.G.T. è l’amministrazione che decide i criteri partecipativi
Il Tar di Milano si è pronunciato in tema di partecipazione al procedimento di adozione/approvazione del Piano di Governo del Territorio, accogliendo la tesi formulata dallo Studio Legale per conto del proprio assistito costituitosi in qualità di contro-interessato nella vicenda oggetto di ricorso.
La ricorrente, infatti, è una società la quale ha impugnato gli atti di adozione ed approvazione del PGT, denunciando la violazione dei principi di cui alla Legge 241/1990 e della Legge Regionale Lombardia 12/2005 in quanto non sarebbero state rispettate le garanzie partecipative previste dalle citate norme; gli atti medesimi sarebbero, secondo le doglianze di parte ricorrente, inficiati dal difetto di motivazione per carenza di congrua istruttoria.
La tesi articolata dallo Studio a difesa della posizione soggettiva del proprio rappresentato ha rilevato come sia consolidato nella giurisprudenza amministrativa il principio secondo il quale, nelle scelte di pianificazione, la Pubblica Amministrazione sia dotata di ampia discrezionalità e non abbia, pertanto, necessità di motivare le proprie decisioni in quanto le stesse trovano espressione nei criteri generali di impostazione del piano stesso.
Non solo: sarebbe errato far discendere, come fa parte ricorrente, la violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo, sulla scorta della carenza di istruttoria nell’ambito del procedimento di adozione/approvazione del Piano di Governo del Territorio.
E’ pacifico, infatti, che le osservazioni del privato nel procedimento di formazione del piano urbanistico, hanno valore di mero apporto collaborativo, senza dare luogo a particolari aspettative e senza che, per il rigetto o accoglimento di esse, sia necessaria alcuna motivazione, essendo sufficiente che esse siano state analizzate dall’amministrazione.
Inoltre, secondo l’art. 13 della Legge 241/1990, rubricato all’interno del Capo III della “Partecipazione al procedimento amministrativo”, le disposizioni in materia di partecipazione al procedimento amministrativo non si applicano all’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti di pianificazione “…per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”.
Non vi è, pertanto, violazione dei principi partecipativi di cui alla legge 241/90 nel caso in cui l’amministrazione non tenga conto delle osservazioni formulate in sede di pianificazione, in quanto l’applicazione dell’istituto della partecipazione, di cui al Capo III della Legge 241/90, è esplicitamente escluso per gli atti di pianificazione.
Ciò non esclude, ed è questo il criterio interpretativo rinvenibile nella pronuncia in commento che ha accolto totalmente la fondatezza della tesi difensiva coltivata dallo Studio respingendo il ricorso principale, che “l’amministrazione possa attuare una partecipazione dei cittadini secondo moduli ulteriori…consentendo un maggior livello di consultazione popolare”.
Già nel 2006 il Consiglio di Stato (Sezione IV, 16 ottobre 2006, n. 6647) in merito alla violazione dei principi partecipativi nell’ambito di un procedimento di variante al piano regolatore generale, aveva ammesso la possibilità per l’amministrazione di ampliare spontaneamente le forme partecipative dei cittadini, consentendo un livello maggiore di consultazione dei soggetti interessati “anche attraverso forme non tipizzate di partecipazione”, alla luce del principio di buon andamento della P.A.
Inoltre i nuovi modelli di gestione dell’interesse pubblico secondo accordi o intese, parziali o definitive, finalizzate a concordare gli interessi in gioco, pubblici e privati, attraverso reciproci impegni di natura negoziale, sono oramai strumento di applicazione generale dopo l’ultima riforma della Legge 241/1990.
L’alto contenuto discrezionale dell’attività della pubblica amministrazione in materia di pianificazione non esclude, anzi legittima, la scelta di perseguire l’interesse pubblico consentendo un maggior grado di partecipazione dei cittadini attraverso modalità ulteriori rispetto a quelle, altrettanto legittime, previste dalla disciplina urbanistica.