Il mancato rilascio del certificato di abitabilità costituisce causa di risoluzione del preliminare di compravendita
Con la sentenza n. 21189, depositata in data 17 settembre 2013 la Corte di Cassazione è tornata ad esaminare, ai fini della risoluzione del contratto preliminare di compravendita, la questione della rilevanza dell’inadempimento del promittente venditore dell’obbligo di fornire un bene immune da vizi ed in regola con le normative urbanistiche vigenti.
Il caso in esame riguarda un contratto preliminare di compravendita di un immobile ad uso abitativo che la Corte d’Appello di Venezia ha risolto per inadempimento della parte venditrice condannando la stessa alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria. Secondo i Giudici dall’istruttoria era emerso che l’appartamento in questione presentava svariate manchevolezze sotto il profilo igienico sanitario che ne compromettevano l’abitabilità e che quindi, per tali motivi, il promittente venditore si era reso inadempiente dell’obbligo assunto di fornire un bene immune da vizi ed in regola con le normative urbanistiche vigenti.
Contro tale pronuncia ha proposto ricorso il promittente venditore deducendo che dalla mera dichiarazione di conformità del bene alle norme urbanistiche non potesse configurarsi anche l’assunzione dell’onere di rendere il bene conforme alle norme stesse poiché tra le parti era stata sottoscritta una clausola contrattuale con la quale si concordava che il bene sarebbe stato acquistato “nello stato di fatto e di diritto” in cui si trovava.
I Giudici hanno rigettato il ricorso stabilendo che la sussistenza di carenze igienico-sanitarie per violazione di norme urbanistiche tali da determinare il rifiuto del rilascio della licenza di abitabilità costituiscono causa di risoluzione per inadempimento del contratto.
Il certificato di abitabilità secondo l’orientamento prevalente della Cassazione rientra tra i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa che il promittente venditore deve consegnare al promissario acquirente ai sensi dell’art. 1477, comma 3 c.c.. Tale documento certifica la sussistenza del requisito dell’abitabilità e quindi l’idoneità del bene a soddisfare le esigenze economiche e sociali che hanno indotto il promissario acquirente a concludere il contratto.
Nel caso specifico è appurato che l’immobile è privo delle qualità essenziali per l’uso a cui è destinato.
La Corte con la pronuncia in esame ha precisato che nemmeno in presenza della suddetta clausola di stile viene meno l’obbligo di garanzia incombente sul promittente venditore ex art. 1497 c.c.
Ciò significa che sussiste la responsabilità dell’alienante conseguente all’impossibilità di ottenere il certificato di abitabilità anche nel caso in cui siano le parti stesse a concordare l’esonero del promittente venditore al verificarsi di tali circostanze.