Un fabbricato dotato di una propria volumetria, anche se posto al confine, non può essere definito recinzione
La questione che ha dato origine alla vicenda processuale che qui si commenta, nasce dalla proposizione di un’azione di regolamento di confini nei confronti di un assistito dello studio, da parte di un confinante, il quale chiedeva che venisse asportata la recinzione insistente sulla sua proprietà e che venisse riportata fino all’esatta linea di confine secondo le mappe catastali.
In effetti, accertato che il confine tra le due proprietà era quello risultante dalla mappa catastale approvata dall’UTE territoriale, il tribunale disponeva l’arretramento della contestata recinzione sino a tale limite.
In sede di esecuzione della sentenza che disponeva l’arretramento, ed a seguito delle insorte contestazioni in merito alle modalità di esecuzione di quanto statuito nella stessa, il consulente tecnico nominato dal giudice dell’esecuzione, adito ex art. 612 c.p.c., accertava che nell’area occupata insistevano, oltre che la menzionata recinzione, anche altri manufatti di cui si chiedeva la demolizione.
Il giudice dell’esecuzione, rigettando l’opposizione proposta dallo studio a difesa dell’assistito, lo condannava all’arretramento fino al nuovo confine rilevando che “tutte le opere accertate dal CTU nella procedura esecutiva avevano, con tutta evidenza, la finalità di creare una delimitazione” e che “nell’ordine di arretramento andavano ricompresi anche i manufatti indicati dal CTU”.
Impugnata la pronuncia resa in sede di opposizione all’esecuzione, davanti alla Corte d’Appello territorialmente competente, il Collegio ha totalmente accolto l’unico motivo di censura proposto, e ciò in ordine all’erronea valutazione del giudicante di prime cure in merito alla nozione di “recinzione”.
Rileva il giudice d’appello che la pronuncia resa in sede di azione di regolamento di confini, da cui ha preso le mosse l’azione esecutiva, non faceva accenno alcuno a manufatti o ad altre opere, disponendo semplicemente l’arretramento della recinzione fino al nuovo confine.
Viene altresì posto l’accento sulla nozione di “recinzione” che è, “a titolo esemplificativo, un muro di cinta, una rete metallica, una balustra in legno, una struttura comunque che sia isolata da entrambi i lati da altre strutture e si evidenzi solo come limite di demarcazione tra due fondi”, dovendosi escludere che all’interno di tale nozione siano da ricomprendersi manufatti o fabbricati dotati di propria volumeteria.
Il titolo azionato, infatti, non fa alcun riferimento ai manufatti quali potici adibiti a garage, tettoie, fioriere, e risulta pertanto difficile per il Collegio operare un’interpretazione estensiva della pronuncia azionata, tale di ricomprendervi manufatti non specificamente menzionati e dei quali si chiede l’eliminazione tramite la demolizione (e non l’arretramento come disposto dal giudice di prime cure).
Non essendosi instaurato a tempo debito alcun contraddittorio in ordine all’eventuale spostamento dal confine dei manufatti in questione, non si può ora pretendere che nello specifico ordine di arretramento della recinzione, vengano ricompresi anche altri fabbricati che non possono essere ricondotti alla nozione di recinzione summenzionata.