Non sussiste l’abuso edilizio se l’ente non interviene con provvedimenti inibitori
La vicenda che ha occupato l’attività difensiva dello studio in sede penale, nasce dalla citazione a giudizio, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, nel quale veniva contestato agli imputati il reato di cui all’art. 44, lettera b), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
La predetta norma prevede la sanzione penale dell’arresto fino a due anni e dell’ammenda da 5.164 a 51.645 €, in caso di esecuzione di lavori edilizi in totale difformità dal titolo abilitativo.
Nel capo di imputazione contestato veniva ritenuto sussistente l’abuso edilizio consistente nel superamento dell’altezza massima consentita dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore; la costruenda palazzina, infatti, secondo la Procura, avrebbe superato di 5 cm l’altezza massima consentita.
L’accertamento in ordine all’effettivo verificarsi dell’illecito contestato, ha comportato la necessaria individuazione del c.d. piano di campagna, ovvero del punto di partenza dal quale operare la misurazione dell’altezza dell’edificio.
Il consulente della difesa, infatti, ha potuto chiarire al giudice che vi sono elementi certi per individuare l’originario piano di campagna, quali le foto di cantiere e la relazione geologica, dimostrando che, di fatto, il valore massimo consentito dalle norme è stato rispettato.
Il giudice ha, inoltre, valutato negativamente il comportamento degli organi preposti alla vigilanza sull’attività edilizia, in ordine al mancato esercizio del potere/dovere di vigilanza.
Si legge, infatti, nella sentenza che “comunque l’Autorità Comunale, anche dopo le indagini, non ha mai ritenuto di dover intervenire in sede amministrativa con provvedimenti inibitori o di revoca per contestare una qualche difformità rispetto al permesso di costruire e alle Dia concesse; non sussiste quindi l’ipotesi di reato contestata”.
La vigilanza sull’attività urbanistica ed edilizia è conferita, dall’art. 27, comma 1, del D.P.R. 380/2001, al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale, che la esercita secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente per assicurare la rispondenza degli interventi edilizi alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi.
L’attività di vigilanza non è sottoposta ad alcun termine di decadenza o prescrizione e non può estinguersi per effetto del decorso del tempo.
E’ evidente che il mancato esercizio del poteri inibitori da parte dell’autorità preposta, nemmeno nella fase di conoscenza del contestato abuso, ha assunto il significato implicito che non sussisteva alcun abuso, ed è anche per tale significativo comportamento dell’Amministrazione Comunale che gli imputati sono stati assolti perché il reato loro ascritto non sussiste.