La vertenza in esame attiene un giudizio promosso dallo Studio Legale Bruno Bianchi & Partners avanti il Consiglio di Stato, volto alla riforma di una sentenza resa dal TAR Milano, con cui la Corte aveva accolto il ricorso principale, sul preliminare rilievo che il Comune, assistito dallo studio, non avrebbe acquisito l’area di proprietà dei ricorrenti con un formale atto ablatorio.
Contro la predetta sentenza si è quindi provveduto a formulare ricorso avanti la Corte di vertice amministrativa, dal momento che erroneamente il Tar aveva condiviso la prospettazione fornita da controparte, secondo cui la pronuncia della Corte d’Appello di Milano, resa tra le parti, “non poteva valere quale accertamento implicito dell’intervenuto trasferimento a favore del Comune del diritto di proprietà dell’area per cui è causa.”
Inoltre, ad opinione della Corte amministrativa di primo grado, “l’esito di un giudizio civile proposto dagli appellati in ordine alla restituzione dell’area e in subordine per il risarcimento del danno non poteva avere riflessi sul trasferimento della proprietà.”
Diversamente, la deducente difesa aveva sostenuto e argomentato che tale conclusione fosse erronea, in quanto la sentenza citata aveva costituito giudicato implicito sul trasferimento della proprietà del terreno.
Tale prospettazione è stata successivamente condivisa dal Consiglio di Stato nella sentenza in esame, ove è stato ritenuto che l’occupazione dell’area secondo la citata sentenza, seppure con giudicato implicito, ha avuto natura acquisitiva, con la conseguente applicabilità al caso delle coordinate dettate dalla recente Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 6 del 9 aprile 2021.
Innanzitutto, si segnala il principio espresso dall’Adunanza plenaria de quo per cui “l’interpretazione del giudicato formatosi su una sentenza civile pronunciata a definizione di un giudizio ordinario di cognizione, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione: infatti, il contenuto decisorio di una sentenza è rappresentato, ai fini della delimitazione dell’estensione del relativo giudicato, non solo dal dispositivo, ma anche dalle affermazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione e risolvano questioni facenti parte del thema decidendum”.
Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal Tar nella sentenza impugnata e aderendo, altresì, specularmente alla tesi formulata e argomentata nelle memorie depositate dallo Studio, l’Adunanza plenaria aveva “condiviso la posizione della giurisprudenza su una concezione estensiva dei limiti oggettivi del giudicato, per cui il giudicato sostanziale (art. 2909 cod. civ.) si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, compresi gli accertamenti in fatto e in diritto, i quali rappresentino le premesse necessarie e il fondamento logico-giuridico della pronuncia finale, spiegando, quindi, la sua autorità non solo sulla situazione giuridica soggettiva fatta valere con la domanda giudiziale (cd. Giudicato esplicito), ma estendendosi agli accertamenti che si ricollegano in modo inscindibile con la decisione e ne formano il presupposto, così da coprire tutto quanto rappresenta il fondamento logico-giuridico della statuizione finale (cd. giudicato implicito)”.
Conseguentemente, nell’ipotesi in cui vi sia un giudicato civile sulla domanda risarcitoria per equivalente del danno da perdita della proprietà, l’Adunanza plenaria ha ritenuto che si formi il giudicato anche sul regime proprietario del bene conseguente all’accertato perfezionamento della cd. occupazione acquisitiva.
Infine, la citata pronuncia dell’Adunanza plenaria aveva affermato “irrilevante ai fini della configurabilità del giudicato implicito sul regime proprietario scaturito dalla cd. occupazione acquisitiva è la mancata adozione, nella sentenza e nel relativo dispositivo, di una formale ed espressa statuizione sul trasferimento del bene in favore dell’amministrazione. Infatti, i relativi effetti scaturiscono ipso iure dal perfezionamento della citata fattispecie, complessa, di creazione giurisprudenziale – integrante un’ipotesi di estinzione della proprietà in capo al privato (effetto illecito) e di acquisto a titolo originario in capo all’amministrazione (effetto lecito) -, rispetto ai quali la pronuncia giudiziale assume natura di sentenza di accertamento (alla stregua, ad es., di una sentenza che accerti l’intervenuta usucapione). Ai fini della produzione di tali effetti non è, invece, richiesta l’adozione di una sentenza costitutiva che, nell’ordinamento processualcivilistico, a norma dell’art. 2908 cod. civ. è relegata ad ipotesi tassativamente predeterminate dal legislatore”.
Conseguentemente il Collegio, richiamando le conclusioni della citata Adunanza plenaria n. 6 del 2021, ha ritenuto che non potesse essere più contestabile l’assetto proprietario dell’area in esame, alla luce della summenzionata sentenza della Corte di Appello di Milano, e che dunque i provvedimenti assunti dal Comune ed impugnati dalla controparte dovessero ritenersi legittimi. Conseguentemente, la Corte ha accolto l’appello promosso dallo Studio Legale Bruno Bianchi & Partners, ritenendo che dovesse essere riformata la sentenza impugnata e che, di conseguenza, andasse respinto il ricorso di primo grado.