Nota alla sentenza Consiglio di Stato n. 4801/2023: la cd. compatibilità paesaggistica “speciale”
La Sezione VI del Consiglio di Stato si è recentemente pronunciata con sentenza n. 4801/2023 sull’appello proposto da una parte privata – assistita dallo Studio Legale «Bruno Bianchi & Partners» – avverso una sentenza resa dal T.A.R. di Brescia in merito alla valutazione della cd. compatibilità paesaggistica “speciale” di cui all’art. 17, comma 1 del D.P.R. n. 31/2017 in riferimento ad interventi comportanti un aumento di superficie o di volumetria utile.
La questione giunta all’esame dei giudici di Palazzo Spada trae origine dall’impugnazione della sentenza con cui il T.A.R. Brescia aveva rigettato il ricorso avverso il provvedimento mediante il quale il Comune aveva negato l’apertura di un procedimento amministrativo ex art. 17 del D.P.R. n. 31/2017 – volto a determinare le prescrizioni in grado di consentire la compatibilità paesaggistica degli interventi posti in essere nel compendio immobiliare di proprietà di parte ricorrente – sul rilievo dell’impossibilità di applicare la norma invocata in quanto l’incremento volumetrico indotto dalle opere abusive eseguite aveva una rilevanza tale da non permettere la sottrazione della pratica alla disciplina ordinaria.
Mediante il proposto appello è stato contestato all’Amministrazione comunale (prima) ed al T.A.R. di Brescia (poi) di aver fatto affidamento sulle sole statuizioni intervenute nei giudizi precedentemente promossi contro i provvedimenti comunali che avevano negato il rilascio del permesso di costruire in variante e ingiunto il ripristino dello stato di progetto licenziato, senza però considerare che tali pronunciamenti attenevano all’impugnazione di provvedimenti che, pur riguardando le medesime opere, nulla avevano a che vedere con la questione giuridica in oggetto: l’istanza formulata a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 31/2017 chiedeva di assoggettare le opere in concreto realizzate, se e in quanto riconducibili all’allegato “B” del D.P.R. n. 31/2017, ad una valutazione di compatibilità paesaggistica “speciale” diversamente orientata rispetto a quella già espressa.
Invero, il D.P.R. n. 31/2017 – emanato in attuazione dell’art. 146, comma 9 del D.lgs. n. 42/2004 al fine di ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità nonché individuare le tipologie di interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica – nel prescrivere all’art. 17, comma 1 che «nel caso di violazione degli obblighi previsti dal presente decreto, fermo restando quanto previsto dall’articolo 181 del Codice, si applica l’articolo 167 del Codice. In tali casi l’autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente, nell’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 167, comma 4, del Codice, dispongono la rimessione in pristino solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento e delle opere», deroga alla disciplina generale di cui all’art. 167, comma 4 del D.lgs. n. 42/2004, imponendo all’Amministrazione competente di valutare la compatibilità paesaggistica nella differente prospettiva del mantenimento dell’opera realizzata in assenza dell’autorizzazione paesaggistica semplificata.
Ciò posto, con precipuo riguardo al laconicamente contestato incremento volumetrico, la deducente difesa ha rilevato come lo stesso era in ogni caso inidoneo ad escludere l’applicabilità dell’invocato art. 17, non solo poiché il punto B.1 ricomprende tra le opere soggette a procedura semplificata di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica gli «incrementi di volume non superiori al 10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiori a 100 mc, eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti […]», ma soprattutto perché la consistenza dell’intervento in contestazione neppure integrava quella «creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati» che il quarto comma dell’art. 167 del D.lgs. n. 42/2004 pone quale limite alle ipotesi di cd. “sanatoria paesaggistica postuma”.
Le argomentazioni proposte dallo Studio Legale «Bruno Bianchi & Partners» con l’appello de quo hanno trovato pieno accoglimento da parte dei giudici di Palazzo Spada in quanto, se prima della novella del 2017 in materia paesaggistica qualsiasi aumento volumetrico doveva considerarsi una totale difformità non suscettibile di sanatoria, ora, «per gli interventi rientranti nell’allegato B al D.P.R. n. 31/2017, la violazione di alcuna delle norme del Regolamento, in particolare la violazione della prescrizione che impone la preventiva acquisizione della autorizzazione paesaggistica in forma semplificata, rimane regolata dall’art. 17 del D.P.R. n. 31/2017, che rinvia all’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004, in tal modo ammettendo la possibilità di acquisire l’autorizzazione paesaggistica postuma (ovvero la compatibilità paesaggistica), anche se l’intervento si sia compendiato nella creazione di superfici utili o di nuova volumetria».
In tale prospettazione, il contrasto tra tale norma e l’art. 167, comma 4 del D.lgs. n. 42/2004 – che invece esclude dalla compatibilità paesaggistica qualsiasi intervento che si sia tradotto in un aumento di superficie o di volumetria utile –deve essere risolto sulla base del principio di specialità in forza del quale «l’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004, norma generale, deve quindi essere applicato in modo coordinato con le disposizioni speciali del D.P.R. n. 31/2017; pertanto non si può escludere a priori che interventi che si siano tradotti nell’aumento di volumi o di superficie utili siano soggetti all’applicazione dell’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017».
In conclusione, il Consiglio di Stato ha riformato la pronuncia del T.A.R. Brescia gravata e, per l’effetto, ha disposto l’annullamento del provvedimento comunale facendo alcune puntuali considerazioni di merito circa le modalità di riedizione del potere amministrativo connesso al rilascio della compatibilità paesaggistica postuma: in particolare, in accoglimento alle censure articolate dallo Studio, è stato evidenziato come «la preesistenza di un precedente parere negativo costituisce un fattore privo di rilevanza, per il fatto che la valutazione di compatibilità paesaggistica compiuta ai fini dell’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017 coincide solo parzialmente con la valutazione di compatibilità paesaggistica “ordinaria”, disciplinata in via esclusiva dall’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004». Difatti, «la valutazione richiesta dall’art. 17, comma 1, cit. comporta una verifica ulteriore rispetto a quella “ordinaria”, imponendo all’amministrazione la ricerca e l’individuazione di misure – ovviamente diverse dalla rimozione – idonee a rendere l’intervento compatibile con il vincolo, nell’ambito di uno sforzo finalizzato al mantenimento di un’opera che, per definizione, deve qualificarsi “di lieve entità”».